La gestione dei pazienti con artrite reumatoide e malattia polmonare interstiziale compie un passo storico: per la prima volta in Italia sono state pubblicate linee guida ufficiali che indicano come trattare questa complessa e spesso sottovalutata condizione.
Il documento, elaborato dalla Società Italiana di Reumatologia (SIR) e ora inserito nel Sistema nazionale linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità, colma un vuoto importante. Fino a oggi, infatti, non esistevano raccomandazioni nazionali specifiche, lasciando a ogni centro la responsabilità di adottare approcci molto diversi tra loro.
Insieme alla professoressa Andreina Manfredi dell’Università di Modena e Reggio Emilia, Marco Sebastiani, docente dell’Università di Parma, in forze alla Reumatologia dell’Ospedale di Piacenza, ha coordinato il gruppo di esperti che hanno guidato il collaborato al lavoro documento scientifico e da anni è impegnato nello studio delle complicanze polmonari delle malattie reumatologiche.
Negli ultimi anni, con il suo gruppo, ha contribuito a migliorare la comprensione dei meccanismi con cui l’artrite reumatoide può coinvolgere i polmoni. Il lavoro ha evidenziato l’importanza di identificare precocemente i pazienti a rischio, di monitorare attentamente i sintomi respiratori, di scegliere trattamenti efficaci anche per la componente polmonare e di evitare farmaci che possono aggravare la fibrosi.
L’artrite reumatoide colpisce circa l’1% della popolazione adulta e in una quota significativa di pazienti – dal 10 al 15% – può determinare anche una malattia polmonare interstiziale. Si tratta di una complicanza complessa, che può talora evolvere rapidamente e che comporta un aumento rilevante dei rischi per la salute e, nei casi più gravi, può portare alla morte. La malattia, inoltre, presenta comportamenti molto diversi da paziente a paziente, rendendo difficile stabilire quando intervenire e con quali terapie.
“Queste linee guida rappresentano una svolta per la cura dei nostri pazienti – spiega Sebastiani – Per la prima volta abbiamo uno strumento condiviso, valido a livello nazionale, che permette scelte terapeutiche più sicure, più efficaci e più uniformi. È un passo avanti fondamentale per ridurre complicanze e mortalità. L’artrite reumatoide è una malattia autoimmune nota soprattutto per il dolore e l’infiammazione delle articolazioni. Ma può colpire anche altri organi: i polmoni sono tra i più vulnerabili. L’interstiziopatia polmonare associata ad artrite reumatoide è una condizione in cui l’infiammazione danneggia il tessuto polmonare, compromettendo la capacità respiratoria”.
“È una complicanza frequente e può essere grave, aumentando il rischio di infezioni, insufficienza respiratoria e mortalità”. L’aspetto più complesso è che la terapia efficace per l’artrite non sempre è efficace anche per il polmone. In alcuni casi, come documentato in Europa e negli Stati Uniti, potrebbe addirittura risultare dannosa.
“Il nostro obiettivo non è “guarire” la malattia, perché oggi non esiste una terapia capace di riparare in modo definitivo il tessuto polmonare danneggiato. Lo scopo è piuttosto rallentare la progressione, stabilizzare il quadro clinico e impedire che il paziente torni sviluppi un’insufficienza respiratoria. Significa scegliere le terapie più adatte, evitare quelle rischiose e intervenire nel momento giusto, prima che la fibrosi diventi irreversibile”.
Le linee guida SIR indicano in modo chiaro: quali farmaci utilizzare per controllare l’artrite senza peggiorare il quadro polmonare, quali terapie risultano efficaci nel rallentare la progressione della fibrosi polmonare, quali trattamenti evitare perché potenzialmente dannosi e quando ricorrere a molecole innovative come gli antifibrotici.
“Per i pazienti questa è una garanzia di maggiore sicurezza, qualità e uniformità delle cure. Per noi clinici rappresenta uno strumento essenziale per lavorare insieme – reumatologi, pneumologi, radiologi e medici di medicina generale – con un linguaggio comune e un percorso condiviso. La sfida ora è continuare a studiare, perché ci sono ancora tante domande aperte. Ma oggi abbiamo finalmente una bussola chiara per orientare il trattamento e per aiutare i pazienti a vivere meglio e più a lungo” conclude lo specialista.
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