Mercoledì 14 maggio alle ore 18 presso l’Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano in via Sant’Eufemia 12 a Piacenza, la libreria Fahrenheit 451 organizza, nell’ambito del Maggio dei Libri, l’incontro con Pier Luigi Bersani per presentare il suo nuovo libro “Chiedimi chi erano i Beatles. I giovani, la polita, la storia” edito da Rizzoli. A intervistare l’autore il giornalista Giangiacomo Schiavi.
Nel libro ci sono delle mie riflessioni nella speranza di essere utile in qualche modo, in un’epoca per me dove è più importante seminare che raccogliere, vista l’età. Insomma spero sia utile per chi vuol mettersi in cammino per la politica e i valori della sinistra.
Non tanto dai giovani, basta andare negli incontri universitari. C’è comunque una questione di disaffezione. Per due motivi fondamentali secondo me. Uno riguarda le decisioni della politica che si sono fatte più lontane e meno afferrabili. Se Trump mette i dazi non è che si può andare dal Sindaco o dall’onorevole in un mondo così globalizzato. La seconda, ancora più seria, riguarda una divisione: chi sta bene va a votare per il 70% e chi sta male per circa il 30%, quindi c’è un pezzo di società che non vede consegnare la merce che la democrazia promette, cioè più emancipazione, più diritti e vicinanza ai problemi. Bisogna ripartire guardando la società con gli occhi di sta peggio.
Si possono fare tanti esempi, ma una volta che hai distrutto il sistema pubblico della sanità rimettere il dentifricio nel tubetto è molto difficile. Stesso discorso sul fisco per categorie, dove alcune vengono esentate e altre colpite, è molto difficile tornare a un sistema progressivo generale di carico fiscale, e così via. Bisogna reagire subito prima che il dentifricio sia uscito.
Anche il tema del lavoro cerco di affrontarlo nel libro. Assieme ai diritti sul lavoro, ogni società occidentale civile ha un reddito di ultima istanza. Se non lo vuoi chiamare reddito di cittadinanza, chiamalo Ugo, ma un materasso su cui far atterrare chi è in situazioni più difficili è assolutamente coerente con la politica sociale moderna.
Se c’è qualcosa che vi urta nel profondo, non state lì a pettinare le bambole. Non importa in quanti sarete, se in tanti o in pochi o da soli. Impegnatevi, e collegate l’impegno a un pensiero. Magari con l’aiuto di chi ha frequentato la politica per tutta una vita e dovrebbe dedicarsi a seminare e non a raccogliere.»
È un invito, quello di Pier Luigi Bersani, che nasce da un viaggio lungo tutta l’Italia e dalle conversazioni avute, spesso davanti a una birra, con studenti, giovani militanti e attivisti. E in queste pagine l’ex segretario del Partito democratico, oggi semplice iscritto, si rende disponibile per «continuare quel dialogo mettendoci un po’ di radici, un po’ di memoria e qualche approssimativa rima storica che possa essere utile a dare maggior consapevolezza del presente».
Partendo dalla Storia, infatti, Bersani racconta le scansioni e i momenti chiave della vicenda italiana ed europea, per capire quale è il senso (e il metodo) della buona politica, quale il peso del lavoro, inteso come soggetto, nell’evoluzione delle nostre democrazie; quale atteggiamento tenere verso il nuovo tecno-capitalismo e le derive della globalizzazione. Con uno sguardo attento, impreziosito da aneddoti e ricordi personali, proprio su quel «partito della nazione», il Pd, sulla sua fondazione, sulle prospettive, sulla sinistra «da non lasciare mai incustodita». Pagine «fuor di metafora» impegnate e generose («la generosità» dice Bersani «è la materia prima della politica»), ispirate a un principio cui l’autore non ha mai derogato, ancora più valido nel confronto con queste nuove destre: «Per reagire non servono parole alate o politiciste. Servono parole per l’uguaglianza e per la dignità e il valore di ogni diversità; parole che semplicemente si facciano capire e non appaiano straniere ai luoghi dove si svolge la vita comune della gente».
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