«L’Unione europea è orfana della grande politica e non può che ripartire dal rilancio degli ideali iniziali dei padri fondatori di 60 anni fa. I pilastri dell’Europa di Maastricht hanno invece ridotto la politica e la sua naturale complessità al solo problema economico-finanziario».
Questa la riflessione dell’economista Pierangelo Dacrema contenuta nella sua ultima fatica editoriale (“Sognando l’Europa, grande statista cercasi”, All Around editore). L’autore ha presentato l’opera a Palazzo Galli in dialogo con Robert Gionelli, nell’ambito della Primavera culturale organizzata dalla Banca di Piacenza.
Stimolato dalle domande del presentatore, il docente dell’Università della Calabria, originario di Castelsangiovanni, si è posto due domande che già facevano intuire la risposta. I sovranisti irriducibili sperano davvero, con il voto delle imminenti elezioni, di ottenere un mandato a distruggere il progetto europeo? E gli europeisti convinti si accontentano dell’Europa di oggi?
«I padri fondatori – ha osservato il prof. Dacrema – avevano giustamente messo al centro la persona, perché i numeri contano meno delle persone. Questa Europa, invece, si è sbilanciata sugli aspetti finanziari trascurando obiettivi più importanti e dimenticando che la politica vera supera quella economica».
A parere dell’economista piacentino le regole vanno bene a patto che non siano confinate ai soli aspetti numerici. «Certo i sovranisti hanno una qualche ragione quando vediamo un proliferare di istituzioni europee. Una macchina che ha 45mila dipendenti che costa 9 miliardi di euro l’anno. I cittadini vogliono un’Europa più efficiente, meno distante e meno burocratica. Quelle di maggio saranno le prime vere elezioni europee e non un sondaggio sul governo nazionale. Perché la gente si è resa conto che siamo di fronte a una partita diversa dal solito. Il tema è al centro dell’attenzione e da cittadino d’Europa quale mi sento, spero che vengano superate le divisioni e che non ci si accontenti di quello che abbiamo oggi. Evitando, possibilmente, errori madornali come quelli fatti con la Grecia o con la politica dell’immigrazione: esportiamo sviluppo in Africa, invece d’importare persone».
A ricordo della serata, il prof. Dacrema ha ricevuto in dono una pubblicazione della Banca. «La Banca di Piacenza – ha affermato il docente ringraziando – è l’esempio concreto che la cultura fa bene all’economia. Non solo, è anche l’esempio che non contano solo i numeri: so che per voi dietro ai numeri ci stanno le persone».
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