Maria Rosa e Pasquale, Anna Maria, Fabiana e Pasquale, Carmine, Luisa e Massimo, Marina e Gaia, Giorgio, Fabbrice, Francesco, Valerio, Francesco, Mariuccia: dodici storie legate al Coronavirus raccontate da Maria Giovanna Maglie nel suo ultimo libro “I dannati del Covid” (Piemme editore), presentato dall’autrice in dialogo con Corrado Sforza Fogliani («Nella società liberale – ha osservato – il confronto delle idee è sempre stato una ricchezza. Complice la situazione pandemica, oggi il dibattito viene visto come un tradimento. Stasera abbiamo tra noi la dott. Maglie, che il confronto non lo ha mai evitato»). Presentazione che si è tenuta a Palazzo Galli – nell’ambito dell’Autunno culturale della Banca di Piacenza – davanti a un pubblico numeroso ospitato in tre Sale (Panini, con Verdi e Casaroli videocollegate).
Storie che la saggista veneziana ha definito «estreme, sconvolgenti, per riflettere sulle responsabilità politiche della pandemia e sulle disastrose conseguenze economiche» di quello che l’autrice chiama “il virus (o mostro) cinese” per ricordare che «sono state le omissioni e le bugie della Cina a portare a una tragedia globale».
“I dannati del Covid” ripercorre un anno e mezzo da incubo e denuncia un «disastro sanitario, economico e sociale creato, oltre che dal virus, da scelte politiche tanto evitabili quanto imperdonabili». Nel volume si racconta di figlie che hanno perso il padre senza nemmeno sapere perché, senza l’ultimo conforto di salutarlo; medici che hanno curato senza sosta i loro pazienti e che alla fine si sono ammalati, perché non adeguatamente protetti; e poi commercianti, artigiani, imprenditori, stroncati dalla crisi e da un lockdown prolungato, finiti in fallimento o in mano a strozzini violenti e criminali.
«La storia più drammatica – ha esemplificato la Maglie, che ha ricevuto in dono alcune pregiate pubblicazioni della Banca – è quella di Anna Maria, 48 anni, tre figli, che si è ammalata due volte di Covid e alla fine è stata licenziata dalla ditta dove lavorava perché aveva superato il limite dei giorni di malattia consentiti. Quella se vogliamo a lieto fine vede invece protagonista Mariuccia, 97 anni, guarita in tre settimane dal virus grazie alla battaglia dei famigliari per non farla ricoverare in ospedale e curata a casa, in un ambiente protetto e accogliente, con gli anticorpi monoclonali (utilizzati in Italia solo al 9%). Una donna determinata, nonostante l’età e la fragilità, che non aveva nessuna voglia di diventare un altro dannato del Covid».
Agli intervenuti alla partecipata presentazione è stata riservata copia del volume.
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