“Il Senato della Repubblica si accinge ad affrontare la discussione del ddl Zan, un progetto di legge-bavaglio e inutile, che non servirà a introdurre tutele ma a reprimere il dissenso, cancellare la libertà di espressione e di educazione. Noi non possiamo tacere. C’è un popolo che rivendica il diritto ad esprimere le proprie opinioni e vuole difendere la libertà di tutti”, così il leader del Family Day, Massimo Gandolfini, ospite quest’oggi a Piacenza, spiega l’opposizione al provvedimento.
“Non è un caso che il dissenso nei confronti di questo ddl venga espresso da numerosi ed eterogenei settori della società, dalle femministe ai vescovi italiani, dalle associazioni familiari alle voci più autorevoli della tradizione liberale italiana, nonché da molti personaggi pubblici anche di orientamento omosessuale”, prosegue Gandolfini.
“E’ quindi doveroso rispondere ai tentativi di mistificazione che etichettano come omofobe tutte le voci di dissenso verso il ddl Zan, che spacca la politica e la società italiana in un momento storico che richiederebbe la massima coesione. Mentre torniamo infatti a condannare ogni forma di discriminazione e violenza basata sull’orientamento sessuale, ribadiamo che non esiste alcun vuoto normativo: il nostro ordinamento dispone di tutti gli strumenti giuridici necessari per perseguire e condannare chi si è reso colpevole di questi atti, come dimostrano numerose e severissime sentenze già passate in giudicato”.
Questa legge, oltre a creare un soggetto privilegiato iper-tutelato e menzionare una controversa identità di genere slegata dal sesso biologico, istituisce la giornata nazionale contro l’omofobia che prevede controverse iniziative in scuole di ogni ordine e grado e inoltre affidata alla decisione di un giudice la definizione del confine tra ciò che si può e ciò che non si può dire. E’ dunque legittimo chiedersi se sarà ancora possibile affermare che l’utero in affitto è una barbarie, che i bambini hanno diritto ad avere una padre e una madre e che si nasce maschi e femmine a prescindere dall’orientamento sessuale. A ciò si aggiunge per i condannati, come nei campi di rieducazione delle peggiori dittature, l’attività non retribuita presso le associazioni del mondo LGBT.
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