Pace e giustizia: un connubio possibile? Una domanda questa a cui non è semplice dare una risposta, soprattutto alla luce dello scenario internazionale attuale dove, Gaza e il conflitto in Ucraina ne sono l’esempio lampante, il conseguimento di una pace giusta sembra essere subordinata alla compressione del diritto, in favore delle ragioni del più forte.
È stato questo il tema al centro del convegno “Non c’è giustizia senza pace, non c’è pace senza giustizia”, ospitato nella sala Piana dell’Università Cattolica. Una giornata di studi, organizzata dal Dipartimento di Scienze giuridiche, per riflettere sul dialogo interdisciplinare, a partire dalla situazione di Gaza. La giornata è stata introdotta dalla riflessione del preside della Facoltà di Economia e Giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Marco Allena.
«Il dibattito tra pace e giustizia è un dibattito non solo antico come l’uomo, ma attualissimo – ha detto il preside -. Da anni assistiamo a due guerre, a Gaza e in Ucraina. Oggi proviamo a riflettere su come il diritto internazionale possa intervenire su questi temi così complessi». Il direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Antonino Barletta, ha ricordato invece, parafrasando una frase di Papa Leone XIV, quanto la dimensione storica attuale renda «sempre più difficile raggiungere l’obiettivo secondo il quale il fine del sistema giuridico avrebbe dovuto essere quello di garante di una pace disarmante e disarmata».
«Oggi – ha aggiunto – il diritto sembra sempre più concentrato nel limitare l’uso della forza nei rapporti tra gli Stati». «Il dibattito attuale – ha rilevato Mariangela La Manna, ricercatrice in Università Cattolica e componente del Comitato scientifico organizzativo – ruota attorno a un dibattito, a tratti quasi caricaturale, tra chi persegue una politica della giustizia come primo e principale scopo e tra chi crede nella priorità della pacificazione rispetto al perseguimento della giustizia». «In realtà – ha aggiunto La Manna – le posizioni sono molto più sfumate. Oggi occorre vedere pace e giustizia come valori strumentali l’uno al perseguimento dell’altro».
Diversi gli interventi che si sono susseguiti durante la giornata suddivisa tra una prima sessione dedicata agli “Strumenti e istituzioni rilevanti nel perseguimento della pace e della giustizia”, moderata da Egeria Nalin professoressa associata di diritto internazionale dell’Università Aldo Moro di Bari, e una tavola rotonda, in tema “Pace versus giustizia”.
«Oggi – ha sottolineato Francesco Salerno, direttore della Rivista di Diritto Internazionale e già professore di diritto internazionale – il binomio pace e giustizia non è semplice. I loro binari non corrono paralleli e sembrano non essere convergenti».
«Siamo – ha aggiunto – in una fase storica in cui assistiamo ad un fenomeno di crisi del diritto internazionale». Salerno ha parlato di «una crisi non tanto strutturale quanto di crescita delle relazioni internazionali». Tema in parte richiamato anche da tutti gli altri interventi che si sono susseguiti durante la mattinata, tra cui Giuseppe Puma, professore associato di Diritto internazionale alla Lumsa di Palermo, Ivan Ingravallo, professore ordinario di diritto internazionale dell’Università Aldo Moro di Bari, Alice Riccardi, professoressa associata di Diritto Internazionale Università Roma Tre e Raffaella Nigro, professoressa ordinaria di diritto internazionale dell’Università di Catanzaro.
Alla tavola rotonda hanno invece portato il loro contributo, Simona Beretta, direttrice del Centro di dottrina sociale della Chiesa dell’Università Cattolica, Giovanni Bombelli, professore ordinario di Filosofia del diritto all’ Università Cattolica, Emanuela Fronza, professoressa associata di diritto penale all’ Università di Bologna e Pirous Fateh Moghadam, medico epidemiologo a Trento. Ciascuno ha utilizzato gli strumenti concettuali e metodologici della propria disciplina per riflettere sul rapporto tra pace e giustizia, dando l’avvio a un dibattito che ha coinvolto non solo gli studiosi presenti e collegati da remoto, ma anche gli studenti del corso di diritto internazionale, presenti in sala per l’intera durata dei lavori del convegno.
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