«La Filo ha vissuto momenti straordinari. All’inizio del Novecento, per esempio, da lì sono passati tutti i più grandi drammaturghi italiani». È appassionato il racconto del presidente Enrico Marcotti dei 200 anni della Società Filodrammatica Piacentina, compiuti nell’agosto scorso essendo stata fondata dalla duchessa Maria Luigia nel 1825 e celebrati nel corso di una serata al PalabancaEventi che ha visto al tavolo dei relatori, oltre a Marcotti, Umberto Fava (entrambi giornalisti, già colleghi al quotidiano Libertà), autore del volume “FILO, questa sera si recita la storia” pubblicato in occasione del 180° anniversario e distribuito ai partecipanti all’affollato incontro che si è tenuto, organizzato dalla Banca di Piacenza, in Sala Panini, con Sala Verdi videocollegata.
Incontro aperto dall’attrice e regista Francesca Chiapponi (che il 16 novembre al Teatro Municipale dirigerà Oh che ratassäda, il fortunatissimo strapiacentino “musical” di Carella-Testori, tra gli appuntamenti messi in cantiere per celebrare il bicentenario), la quale ha recitato la poesia in vernacolo di Egidio Carella Fiur pruvinciäl del 1932, diventata il testo della canzone popolare scussalein russ (musicata da Pietro Testori, cognato di Carella), che la regista ha poi accennato con la “complicità” di parte del pubblico.
Il presidente Marcotti ha sottolineato come la Filo sia «il terzo sodalizio culturale piacentino per longevità», preceduta solo da Passerini Landi e Municipale e ripercorso le tappe principali della sua affascinante storia: la prima sede a Palazzo Mercanti (fino al 1908); il primo spettacolo nel novembre del 1826, la tragedia “Demetrio” di Saverio Bettinelli con, alla prima, attori solo maschi; i moti risorgimentali del 1848, con la Guardia Nazionale che si ritrovava nel teatrino della Filo; la ripresa dell’attività nel 1861, con la scelta di autori francesi vista la presenza delle truppe di Napoleone.
Il trasferimento in via Santa Franca del 1908, dove si restò in attività fino agli anni ‘80 del ‘900 (a causa di problemi di agibilità della struttura, risolti solo nel 2000, tutto si fermò); la sera del 21 novembre 1925 con la prima piacentina di La maschera e il volto e la presenza in sala dell’autore Luigi Chiarelli e di Luigi Pirandello, che lasciò una sua foto autografata e definì la Filodrammatica “Valorosissima”; e poi il teatro dialettale, quello in lingua (nel periodo 1942-1960) e, dopo gli anni ’80, la scommessa convinta sull’attività di formazione; e dal 2000 arrivarono i grandi registi italiani, Leo Moscato, Stefano Tomassini, Laura Pasetti.
Umberto Fava ha dal canto suo regalato al pubblico alcune perle di saggezza: «Parlare della Filo è parlare di teatro»; «ha vissuto momenti di crepuscolo ma anche di gloria»; «oggi la Filo è gutturnio spumeggiante»; «se il teatro non è la vita, è la cosa che più gli assomiglia».
Il giornalista e scrittore – dopo aver confessato che s’iscrisse alla Filo per andare a ballare in tavernetta la domenica pomeriggio e per partecipare alle mitiche feste di Carnevale e Capodanno – ha fatto una proposta agli attori, considerando i tanti tramonti persi per recitare a teatro: «Per festeggiare l’anniversario, fatevi un regalo. Una sera, invece di aspettare che si alzi il sipario, scappate di corsa in costume e andate a vedervi tutti assieme il tramonto, magari sul Po, e poi applaudite, voi che conoscete il senso degli applausi».
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