L’Ausl di Piacenza interviene sul tema liste d’attesa per fornire alcuni chiarimenti utili a una corretta comprensione del funzionamento del sistema.
La gestione delle liste di attesa chirurgiche avviene secondo criteri uguali su tutto il territorio nazionale, definiti a livello ministeriale e applicati da Regioni e Aziende sanitarie. Queste regole prevedono che venga data priorità alle situazioni più gravi o che rischiano di peggiorare, mentre i casi meno urgenti vengono programmati in tempi più lunghi.
Ogni paziente viene valutato dal punto di vista clinico e inserito in un percorso che tiene conto della gravità del problema, dell’impatto sulla qualità di vita e del tempo già trascorso in attesa. Il sistema sanitario di Piacenza opera nel pieno rispetto di questi criteri, con l’obiettivo di garantire cure tempestive a chi ne ha maggiore bisogno e, allo stesso tempo, assicurare equità di accesso a tutti i cittadini.
L’Azienda sanitaria di Piacenza è pienamente consapevole del desiderio dei cittadini di ridurre il più possibile i tempi di attesa e lavora quotidianamente per migliorare l’organizzazione dei servizi e ampliare l’offerta di prestazioni. Allo stesso tempo, è corretto ricordare che, in base agli obiettivi assegnati dalla Regione Emilia-Romagna alle Aziende sanitarie, l’Ausl di Piacenza registra, in ambito chirurgico e in particolare nei casi più complessi di area oncologica e cardiovascolare, risultati tra i migliori a livello regionale. A questi si aggiunge il dato particolarmente significativo della capacità di recupero delle liste d’attesa, ossia dell’abbattimento dei pazienti non ancora operati nell’anno precedente, ambito nel quale l’Ausl di Piacenza si colloca ai vertici regionali.
Quanto alla libera professione, la normativa vigente riconosce ai professionisti la possibilità di svolgere attività libero-professionale all’interno delle strutture sanitarie, secondo regole precise e condivise. Si tratta di un’attività regolata in modo chiaro e riconosciuta come un diritto dei professionisti. L’attività serve anche per rendere l’Azienda sanitaria attrattiva e per evitare la perdita di medici e specialisti, che potrebbe avere conseguenze negative sulla qualità complessiva dei servizi offerti ai cittadini.
È pertanto fuorviante ricondurre la libera professione e le liste di attesa a un unico ambito. Si tratta di due canali distinti, che convivono secondo regole chiare e condivise, e che rispondono a finalità diverse. Le liste di attesa della sanità pubblica seguono criteri di priorità clinica e percorsi organizzativi specifici, mentre la libera professione si basa su una scelta volontaria del cittadino e su un rapporto diretto con il professionista, senza interferire con l’accesso alle prestazioni del Servizio sanitario.
Con riferimento al caso specifico richiamato, l’intervento è stato valutato come ambulatoriale e privo di carattere di urgenza. Il paziente è stato regolarmente visitato e giudicato operabile senza necessità di trattamento prioritario. Trattandosi di una prestazione non urgente e non riconducibile ai percorsi programmati per gli interventi più complessi, l’inserimento in lista di attesa non avviene secondo criteri di priorità clinica, ma in base all’ordine temporale. Inoltre, il paziente ha scelto una equipe con una propria agenda autogestita, motivo per cui l’intervento è stato inserito nella lista di attesa dell’Unità operativa di riferimento. Qualora la prenotazione fosse stata effettuata tramite Cup, la prima data disponibile sarebbe stata il 9 luglio.
Si segnala infine che la Direzione aziendale ha già avviato un percorso di riorganizzazione e coordinamento delle liste di attesa per la chirurgia ambulatoriale, con l’obiettivo di creare una lista unica aziendale (prenotabile tramite Cup) che consenta un ulteriore efficientamento del percorso e garantisca massima trasparenza ed equità di accesso, migliorando i tempi di risposta ai cittadini.
Per quanto riguarda le osservazioni formulate dalla Corte dei conti, stimoli considerati molto importanti, si precisa che l’Ausl di Piacenza si è uniformata alle raccomandazioni rivolte dalla Corte a tutte le Aziende sanitarie, come risulta dai dati pubblicamente disponibili.
Il Servizio sanitario di Piacenza conferma il proprio impegno a garantire trasparenza, correttezza ed equità di accesso alle cure, nel rispetto delle regole nazionali e con l’obiettivo costante di migliorare la qualità dei servizi offerti alla comunità.
«Quanto sta emergendo a Piacenza sul rapporto tra liste d’attesa e attività libero-professionale intramoenia non è una polemica estiva né un caso personale, ma l’ennesima conferma di una sanità pubblica che rischia di trasformarsi in un sistema a due velocità: veloce per chi paga, lenta per chi aspetta».
Lo dichiara Giancarlo Tagliaferri, consigliere regionale di Fratelli d’Italia in Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna, intervenendo sul dibattito aperto dagli articoli di stampa e dalla replica dell’Ausl di Piacenza.
«Prima di liquidare la questione con comunicati rassicuranti – prosegue Tagliaferri – la Giunta e l’Ausl dovrebbero spiegare perché la Corte dei Conti, con la Delibera n. 120/2025/VSG, ha individuato sei profili di criticità nella gestione dell’attività intramoenia e delle liste d’attesa all’Ausl di Piacenza.
Non stiamo parlando di valutazioni politiche, ma di rilievi formali della magistratura contabile, che ha evidenziato:
• il mancato raggiungimento degli obiettivi sui tempi di attesa; • l’uso dell’intramoenia non come strumento eccezionale ma come pratica strutturale; • carenze nei controlli, con rischi di conflitti di interesse e fenomeni corruttivi».
«Nel 2024 – ricorda Tagliaferri – a Piacenza sono state effettuate 69.346 prestazioni in libera professione intramoenia, con una movimentazione economica di oltre 8,4 milioni di euro, in aumento rispetto al 2023.
Parallelamente, gli obiettivi regionali sui tempi di attesa non vengono rispettati:
• priorità “D” ferme all’85,37% invece del 90%; • protesi d’anca al 51% contro l’85% previsto; • chirurgia generale al 40% contro il 75%.
Davvero qualcuno pensa che questi due fenomeni non abbiano alcuna relazione?»
«Il caso concreto raccontato dalla stampa – continua – è emblematico: intervento programmato nel pubblico dopo circa 10 mesi, lo stesso intervento in pochi giorni pagando 150 euro. La replica dell’Ausl richiama criteri di priorità clinica e percorsi organizzativi, ma non risponde al nodo politico: quando il sistema ordinario non garantisce tempi accettabili, la “scelta” di pagare non è libera, è obbligata. E chi quei 150 euro non li ha? Aspetta. Soffre. Rinuncia».
«Dire che intramoenia e liste d’attesa sono due canali separati – osserva Tagliaferri – è formalmente corretto, ma sostanzialmente fuorviante.
La stessa Corte dei Conti raccomanda di verificare che l’aumento dell’intramoenia non derivi dall’impossibilità dei cittadini di accedere tempestivamente alle prestazioni ordinarie.
Se così fosse, il problema non è la libera professione in sé, ma un servizio pubblico che non regge più».
«Qui non si mette in discussione il lavoro dei medici – chiarisce il consigliere FdI – ma la responsabilità politica della Regione Emilia-Romagna.
Perché quando il tempo di attesa dipende dal reddito, non siamo più di fronte a un sistema equo, ma a una sanità che discrimina in silenzio».
«Come Fratelli d’Italia – conclude Tagliaferri – chiediamo alla Giunta regionale e all’Assessore Fabi:
• di attuare integralmente e senza alibi le raccomandazioni della Corte dei Conti; • di ridurre realmente le liste d’attesa, non solo sulla carta; • di rafforzare i controlli sull’ALPI; • di garantire che il portafoglio non diventi un criterio implicito di priorità sanitaria.
La sanità pubblica non può essere difesa a parole e smontata nei fatti.
Su questo tema continueremo a incalzare la Regione, in Aula e fuori».
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