“Abbiamo chiamato il giorno 29 per una mortalità sospetta senza vedere una sintomatologia precisa in azienda. E’ chiaro che l’azienda era già in una zona di restrizione quindi era un territorio a rischio dal punto di vista di quello che ci circondava”.
Pietro Pizzagalli, responsabile dell’allevamento colpito dalla peste suina, parla della drammatica situazione della sua azienda, dopo l’abbattimento di oltre duecento capi. Ma la questione più stringente non riguarda tanto le perdite, comunque ingenti, quanto il timore di dover restare fermi a lungo.
“Nel momento in cui abbiamo chiamato c’è stato un pronto intervento da parte di tutta l’organizzazione veterinaria e poi noi abbiamo monitorato l’allevamento: quindi il giorno successivo eravamo d’accordo con il veterinario di fare un’altra visita e di fare un’ispezione ulteriore. In realtà il giorno successivo è arrivato l’esito della positività. Da lì si è messa in moto tutta una macchina organizzativa che abbiamo apprezzato sia per il tipo di atteggiamento, nel senso che si è cercato di fare subito un’analisi del possibile punto di contatto, ma soprattutto anche la gestione dell’abbattimento”.
“Per noi allevatori vedere l’abbattimento non è una cosa scontata e soprattutto rispetto a quanto si era visto in passato, la preoccupazione era quella di fare le cose come dovevano essere fatte. Da quel punto di vista lì assolutamente sia la Provincia che la Regione hanno fatto quello che si doveva fare in tempi anche veloci. Noi ci siamo sentiti sostanzialmente supportati da quello che è stato l’atteggiamento dell’autorità. È chiaro che adesso l’idea nostra è che quell’azienda comunque rappresenta un punto di forza dal punto di vista proprio sanitario e produttivo, quindi vorremmo tornare a parlare di una riapertura, di una ripresa dell’attività”.
“Per quanto riguarda i danni, io oggi non so dire l’importo, però sicuramente l’aver cancellato un certo tipo di lavoro, un’azienda dove da più di 10 anni eravamo negativi da tutto. Ecco, quello che ci interessa oggi non è tanto il concetto dell’indennizzo, ma la possibilità di riprenderci in maniera serena, di parlare di una ripresa dell’attività, perché poi questo è quello che ci interessa. Chiaro, la parte economica ha un peso, però quello che ci interessa è non perdere la possibilità di lavorare”.
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