Cronaca Piacenza

Rissa al Cheope, il racconto della ragazza ferita: “Ma quale spedizione razziale, loro ci hanno seguito e aggredito nel parcheggio. Erano tanti e armati”

Rissa al Cheope: “Non solo siamo stati aggrediti, ma adesso stiamo passando noi per aggressori”. Sono le parole amareggiate dei ragazzi che sostengono di essere stati pestati mercoledì sera da un gruppo di giovani nordafricani. Parliamo della rissa avvenuta al Cheope, al termine del sit-in per la sicurezza organizzato dalla Curva Nord del Piacenza Calcio.

Ma quale aggressione razziale! Stavamo tornando alle nostre auto dopo il sit-in: prima le provocazioni di un paio di soggetti, poi a questi due si sono aggiunti tanti altri loro amici e ci aggredito. Erano armati”.

E’ difficile chiarire i contorni della maxi-rissa avvenuta mercoledì sera. Le testimonianze fornite dalle due parti in causa sono ovviamente contrastanti e solo gli inquirenti potranno arrivare a una verità oggettiva.

Noi abbiamo ricevuto la testimonianza di alcuni manifestanti che raccontano di essere stati aggrediti al termine del presidio, mentre stavano raggiungendo le proprie vetture per tornare a casa. Ad aggredirli sarebbe stato un gruppo di giovani nordafricani. Le vittime hanno riportato lesioni e parlano di armi: uno degli aggressori avrebbe impugnato anche un machete. Nei giorni scorsi abbiamo parlato di una ragazza, presente al sit-in, rimasta ferita in quei drammatici momenti: ebbene abbiamo ricevuto la sua testimonianza con la quale ci ha raccontato la sua versione dei fatti.

La testimonianza della ragazza aggredita

Volevo completamente sbugiardare tutto quello che è stato raccontato nelle ultime ore, perché sono soltanto falsità e la verità è un’altra. Mentre noi stavamo tornando alla nostra auto all’interno del parcheggio Cheope, una vettura che andava ad alta velocità nella via del parcheggio ha rischiato di colpirmi.

Quindi a quel punto gli ho intimato di rallentare. Il ragazzo dentro alla macchina si è fermato e ha cominciato a insultarmi pesantemente, urlando “Troia, ti ammazzo!”. A quel punto, esasperata da questi insulti, ho lanciato un fondino di birra che stavo bevendo nel mio bicchiere.

A questo punto sono intervenuti anche i miei amici, che gli hanno detto di andarsene e quest’ultimo, agitato, ha detto che ci avrebbe ammazzato con le armi che portava con sé. E ha iniziato a cercarle all’interno dell’abitacolo. Successivamente, dopo essere sceso dalla macchina, ha aperto il baule, cercando qualcosa. Noi abbiamo temuto che stesse cercando le armi di cui ci aveva appena parlato, quindi ce ne siamo andati. Dopo alcuni minuti, sempre nel parcheggio Cheope, quest’ultimo, insieme a tre amici e a un uomo (la ragazza sostiene essere il padre di uno dei tre, ndr), hanno iniziato a lanciarci addosso pietre, bottiglie di vetro, colpendomi anche a una spalla.

Subito dopo sono arrivati numerosissimi amici di questi ultimi, armati di coltelli, spranghe e manganelli di ferro. Sono arrivati a contatto con noi, ferendoci tutti e colpendoci violentemente, me compresa. Hanno pronunciato questa frase: “Se non vi uccidiamo oggi, vi uccidiamo domani”. A quel punto, soltanto l’intervento di un gruppo di persone ha impedito che questi soggetti ci causassero ulteriori ferite. Io ho temuto seriamente volessero ucciderci, considerate le armi e la cattiveria con la quale ci hanno aggredito.

Di conseguenza, voglio consigliare al ragazzo che ha rilasciato le interviste di ritrattare tutto quello che ha dichiarato e di dire la verità, perché se necessario testimonierò tutto in un tribunale. Anche l’uomo che era con lui mi ha colpito molto violentemente. Noi, a differenza loro, non eravamo armati.

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