Una persona costretta dalla vita a iniziare un percorso di dialisi merita ammirazione, per la sfida che è costretta ad affrontare. Ma se questa stessa persona segue un percorso di dialisi da 40 anni e oggi si ritrova a dire col sorriso “Ci sono persone che stanno peggio di me” allora questa persona diventa un vero e proprio esempio. Perché, come diceva Ally McBeal, la nota avvocatessa dell’omonima serie tv, “i miei problemi sono i più gravi perché sono i miei”. E invece Claudio Cella, 59 anni, è il ritratto della capacità di guardare al presente e al futuro con ottimismo e con il sorriso.
“Non è sempre così – tiene a specificare – i medici dicono che sono un ottimo paziente, ma anche io ho i miei cali, anche io so essere insistente e snervante. Ma d’altra parte è così, quando una persona è malata vorrebbe averda quae tutte le risposte del mondo immeiatamente, si arrabbia coi medici perché vorrebbe guarire subito, è normale”.
Teniamo presente che un paziente come Claudio si sottopone a tre sedute di dialisi alla settimana e ogni seduta dura quattro ore. Questo giusto per dare l’idea di cosa significa dipendere da questa terapia. Ma anche in questo caso, Claudio si rivela davvero stoico: “Non è tanto l’attesa perché alla fine ti abitui, guardi la tv, ascolti la radio, chiacchieri con le infermiere. I problemi maggiori sono dovuti ai problemi che la dialisi inevitabilmente da. Ti salva la vita, ma chiede qualcosa in cambio: ho dolore ai tendini, le ossa sono più fragili, il cuore soffre e non a caso mi hanno dovuto operare. Però rispetto a quarant’anni fa la tecnologia ha fatto passi da gigante e oggi gli effetti collaterali sono minori, mentre le macchine danno meno problemi e sono più affidabili”, commenta.
“Vacanze? Non ne ho mai fatte anche perché la malattia mi ha colpito quando avevo meno di 20 anni, quindi vere e proprie vacanze non ne facevo nemmeno prima. Però una volta il reparto ha organizzato una settimana al mare, nelle Marche, proprio per noi pazienti. E’ stata una settimana meravigliosa”. Nel raccontare questo aneddoto una delle infermiere presenti si commuove.
“Cosa mi ha insegnato questa vita? Pensare sempre positivo. Ogni problema ci sembra insormontabile ma allo stesso dobbiamo sforzarci di essere positivi, vivere alla giornata e risolvere i problemi uno per volta. Però in tutte le sfide è necessario avere anche un po’ di fortuna: io sono stato fortunato perché ho incontrato medici e infermieri sempre ineccepibili, sempre pronti a rivolgermi una parola di conforto e un gesto di incoraggiamento. Molti degli operatori oggi sono in pensione, altri non ci sono più, siamo invecchiati insieme”.
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