La velocità e l’impatto dello sviluppo tecnologico degli ultimi decenni ci portano naturalmente ad associare l’era contemporanea con la scienza. Ma il progresso sociale che abbiamo raggiunto deve in realtà molto di più ad altre due evoluzioni: da un lato la diffusione dei diritti (già consolidati o nuovi) ad una porzione sempre maggiore di popolazione; dall’altro il ruolo sempre più sociale dell’arte come fattore di consapevolezza e crescita collettiva. È probabilmente questa doppia – parallela e contemporanea – possibilità di emancipazione a caratterizzare più di ogni altra cosa i tempi che stiamo vivendo. Quanta strada è stata fatta? E che strada manca ancora da fare? Siamo di fronte ad una evoluzione sostanzialmente irreversibile o il rischio di tornare ad un passato meno luminoso è sempre attuale? Due dei pensatori più acuti del nostro tempo, Alessandro Bergonzoni, artista, e Luigi Manconi, sociologo e politico, sono partiti da queste domande per aiutarci a leggere in profondità questi anni e aiutarci ad apprezzare ciò che siamo partendo da ciò che, come società, ci sta accadendo.
“L’arte è politica se tu riesci a circoscrivere la politica e fare voto di vastità. Fare voto di vastità significa coinvolgere tutto attraverso l’arte, se resta semplicemente alternativa alla politica, all’amministrazione, alla medicina, all’istruzione allora non si riesce a fare nulla”, commenta Bergonzoni.
“Può essere arte, può adempiere al suo dovere e alla sua vocazione perché produrre arte e metterla a disposizione della società, cioè di tutti gli individui, è un contributo determinante alla trasformazione di quella stessa società”, commenta Manconi.
“La politica di oggi è dramma, non è spettacolo. Sono loro che credono che sia spettacolo, ma non c’è niente di spettacoloso e nemmeno di spettacolare”, commenta Bergonzoni.
“Sono totalmente d’accordo – chiosa Manconi – la politica spettacolo è semplicemente un genere letterario. La politica purtroppo oggi è povertà di voce e pensiero”.
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