Economia

Confcommercio: “Fine emergenza Covid? Non per il settore della ristorazione, ennesima Pasqua con restrizioni”

“Si va verso la terza Pasqua di seguito in cui, per un motivo o per l’altro, la ristorazione dovrà fare i conti con pesanti limitazioni legate al Covid. Ma quest’anno al danno si aggiunge la beffa da un’annunciata uscita dall’emergenza che non pare valere per il settore della ristorazione, per il quale l’obbligo del Green Pass varrà fino al 30 aprile”. Gianluca Barbieri, direttore territoriale di Confcommercio Piacenza, commenta così la misura, inserita nel “pacchetto” di provvedimenti del governo che avrebbe dovuto sancire il ritorno alla normalità per il Paese.

“Se l’emergenza è finita, è finita per tutti. Non si capisce – sottolinea Barbieri – con quale motivazione logica e scientifica si sia deciso di imporre ai gestori l’onere di controllare il Green Pass per altri 30 giorni, peraltro in una stagione cruciale per le attività del comparto turistico e della ristorazione quale è l’inizio della primavera, con la Pasqua alle porte”.

Dall’associazione di categoria si rimarca anche lo sbilanciamento tra costi e benefici in termini di prevenzione: “Dedicare tempo e personale a tale obbligo è un costo inutile, anche dal punto di vista sociale, in un periodo fortemente critico. – prosegue Barbieri – Confcommercio da subito si è fatta carico di essere al fianco di migliaia e migliaia di ristoratori nella difficile attività di dare seguito agli obblighi imposti per arginare l’epidemia. Gli stessi titolari di attività hanno pagato di tasca propria una serie infinita di spese per garantire la sicurezza dei propri clienti. Non possiamo essere accusati certo di leggerezza, da questo punto di vista. Ma se una misura di prevenzione, ritenuta non più necessaria per la salute pubblica, non è più in vigore per la stragrande maggioranza del Paese perché mai dovrebbe valere solo per una categoria?”

Il provvedimento, come peraltro già sottolineato nei giorni scorsi da Fipe Confcommercio, va a colpire imprese, piegate da due anni di pandemia, da un aumento esorbitante dei costi dell’energia, delle materie prime alimentari, dall’assenza di flussi turistici e ora anche dalle drammatiche e ancora non del tutto prevedibili conseguenze che la guerra in Ucraina inevitabilmente riverserà sull’economia mondiale.

“A fronte di una situazione tanto complessa e difficile i ristoratori non possono essere gravati da obblighi inutili e dannosi. – conclude Barbieri – Tutto ciò che il comparto chiede è di essere lasciato libero di lavorare per contribuire a uscire, una volta per tutte da questa crisi apparentemente senza fine. La burocrazia faccia un passo indietro, almeno questa volta”.

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