
La Provincia di Piacenza ha potuto accedere ai microdati ISTAT relativi alla rilevazione campionaria sulle forze di lavoro (RCFL). Si tratta in pratica dei risultati dei singoli questionari somministrati dall’Istituto di Statistica al campione di individui selezionato. Possono così essere elaborate e analizzate informazioni molto più ricche ed articolate di quelle contenute nei dati ufficiali pubblicati; informazioni che consentono di mettere in luce molteplici aspetti del mercato del lavoro. Nel seguito sono esplorate alcune delle sfaccettature che riguardano le differenze di genere nel mercato del lavoro del nostro territorio.
Meno partecipazione al mercato del lavoro e più disoccupazione
Secondo le stime dell’indagine campionaria sulle forze di lavoro dell’ISTAT (RCFL), nella media dei quattro trimestri del 2023 le forze di lavoro femminili della provincia di Piacenza ammontavano a circa 61mila unità, pari al oltre il 40% del totale. Le donne occupate erano 56mila, mentre quelle disoccupate circa 5mila.
Il tasso di attività, pari al 68,1%, presenta un gender gap con quello maschile di 14,6 p.p. in meno, quello di occupazione, pari al 62,6%, di 15,8 p.p. in meno, mentre il tasso di disoccupazione si attesta all’8%, 2,9 p.p. in più.
Nel corso del quadriennio 2020-2023 il tasso di attività femminile ha avuto un trend crescente, aumentando di 4,3 p.p., di più di quello maschile che invece è cresciuto nello stesso periodo di 1,5 p.p.
Più lavoro dipendente, più precarietà, più part time
L’occupazione femminile si caratterizza – rispetto a quella maschile – per una maggior incidenza del lavoro dipendente (85% vs. 74%) e in quest’ambito dei contratti a tempo determinato (19% vs. 14%). Più elevata risulta inoltre la quota del lavoro part-time (30% contro 6%).
Più istruzione
Anche nel piacentino, le donne occupate risultano mediamente più istruite degli uomini, presentando al loro interno da un lato una quota inferiore di persone con bassi titoli di studio e dall’altro un’incidenza molto più elevata di laureate.
Ciò è legato anche alla struttura per classi di età dell’occupazione, che nel caso di quella femminile presenta una quota di 25-49enni maggiore.
La posizione nella professione: meno ruoli direttivi
Rispetto alla posizione nella professione emerge come la componente femminile, nonostante i maggiori livelli di istruzione, sia caratterizzata da una minor presenza di ruoli direttivi rispetto alla componente maschile. Rispetto al totale delle occupate, è pari al 4% il numero di chi occupa posizioni direttive (imprenditori, dirigenti, quadri), contro il 6% dei maschi, mentre è pari all’82% il numero delle operaie e delle impiegate ( 72% per i maschi). Meno numerose sono anche le lavoratrici in proprio (8% contro il 18% maschile).
Alti livelli di soddisfazione per il lavoro svolto
Simili, tra maschi e femmine, sono invece i giudizi degli occupati sul livello di soddisfazione per il lavoro svolto, risultando molto elevato per entrambi i generi in oltre il 60% dei casi.
Il lavoro a termine e i licenziamenti le principali cause di disoccupazione
Passando a considerare i non occupati (disoccupati e inattivi disponibili), i motivi per cui le donne hanno smesso di lavorare riguardano principalmente il fatto di aver concluso un lavoro a termine (34%) e di essere state licenziate e/o messe in mobilità (22%); nel 27% dei casi sono invece andate in pensione, molto meno di quanto abbiano fatto gli uomini (43%). Emerge inoltre la motivazione – non rilevante percentualmente ma comunque significativa perché non presente tra gli uomini – legata alla cura dei figli e degli altri famigliari.
La cura della famiglia nella decisione di non lavorare
Nel caso, infine, delle donne inattive e non disponibili a lavorare, sono in questa condizione perché in pensione (29%) o perché non interessa e non se ha bisogno (19%). Non lavorano invece perché studiano o seguono un corso di formazione professionale nel 17% dei casi. I motivi famigliari (cura dei figli, casalinga, in attesa di un figlio, ….) incidono d’altra parte per quasi il 25% (contro il 2% degli uomini). Va tuttavia specificato che, per certi versi inaspettatamente, per queste ultime la decisione è in larga parte motivata come una scelta personale e non come dovuto alla carenza o al costo dei servizi.
LA DICHIARAZIONE DELLA CONSIGLIERA PROVINCIALE NADIA POMPINI
Per Nadia Pompini, consigliera provinciale delegata alle Pari opportunità, «I dati relativi al rapporto tra donne e mercato del lavoro piacentino, che la Provincia ha deciso di diffondere in concomitanza con la Giornata internazionale dei diritti delle donne dell’8 marzo, confermano che – nonostante i tanti e significativi passi avanti che sono stati compiuti finora – resta lungo il cammino per colmare in via definitiva il gender gap che ancora persiste per molteplici aspetti. Conforta sapere, come emerso alla recente presentazione del più recente Rapporto Congiunturale di Piacenz@, che l’imprenditoria femminile piacentina possa essere definita “vivace e resiliente”: si tratta di una leva importante per le prospettive di benessere e di equilibrio socioeconomico del territorio».
“Cifre e studi – ricorda la consigliera delegata – evidenziano il positivo ed essenziale contributo che le donne garantiscono, tra l’altro, anche nell’innalzare il livello di istruzione della forza lavoro, che notoriamente è uno dei punti di debolezza del nostro Paese. Anche alla luce di questo sono preziose le competenze che la normativa vigente attribuisce alla Provincia nel delicato campo delle Pari opportunità, che sono sostanziate nelle molteplici iniziative assunte dall’Ente a favore del principio di parità e del pieno riconoscimento delle professionalità e della specificità femminile”.
Un impegno prioritario
“Si tratta di un impegno che considero assolutamente prioritario, i cui effettivi risultati dipenderanno però – sottolinea Nadia Pompini – anche da una sempre più stretta e fattiva sinergia tra tutti gli attori coinvolti. Un esempio in questo senso è nella prossima ripresa del percorso di educazione finanziaria “Dai valore al tuo futuro”, iniziativa avviata per promuovere consapevolezza e autonomia delle donne rispetto a scelte e adempimenti fondamentali”.
“Coinvolgere in misura ancora maggiore istituzioni, associazioni e cittadinanza sarà una leva essenziale per potenziare il contrasto alle disparità nei percorsi formativi, nelle carriere professionali e nelle retribuzioni, ma anche nella conciliazione tra lavoro e vita privata: non viene mai abbastanza sottolineato, infatti, che una più piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro passa necessariamente per un potenziamento dei servizi di supporto alla famiglia”.
“Questo quadro, così articolato, richiede – conclude la consigliera provinciale – una serie di azioni inserite in un processo nel quale sarà decisivo anche il ruolo del Tavolo Provinciale di confronto contro la violenza alle donne, che intendo rafforzare”.
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