C’è anche la voce della CNA piacentina nel sempre più ampio coro di obiezioni e proteste, levatosi nelle ultime ore contro il nuovo DPCM.
Una protesta per evidenziare soprattutto i danni economici del provvedimento le-gislativo, ma anche il timore di una crisi sociale preoccupante e potenzialmente pericolosa.
“La sicurezza e la tutela della salute vengono prima di ogni altra cosa; ma è innegabile che quest’ultimo provvedimento normativo abbia in sé anche restrizioni e limitazioni che rischiano di mettere letteralmente in ginocchio interi settori della nostra economia”. Lo sottolineano il Presidente provinciale di CNA, Giovanni Rivaroli, e il Direttore Enrica Gambazza.
“Oltre alle imprese direttamente colpite dal Decreto, infatti, bisogna tenere conto anche dell’indotto che ruota attorno a tali attività. Settori come il trasporto, la produzione di beni e generi alimentari, i servizi alla persona e alla comunità subiranno, a cascata, un ennesimo duro colpo; colpo da cui sarà davvero difficile, se non impossibile, riprendersi. Per tutti questi settori occorrono ristori economici reali e commisurati alle perdite subite, in aggiunta, come già evidenziato dalla nostra Associazione a livello nazionale, alla sospensione delle cartelle esattoriali; ma anche alla cancellazione dell’Imu, ai crediti d’imposta per affitti e bollette, alla cassa integrazione per i dipendenti”.
Ma le proposte di CNA Piacenza entrano anche nello specifico di alcune misure di cui, an-che nella nostra provincia, si sottolinea la necessità.
“Gli ultimi DPCM – aggiungono Rivaroli e Gambazza – hanno colpito settori economici in cui non erano mai stati evidenziati focolai e situazioni potenzialmente pericolose. Sarebbe molto più utile sanare realtà palesemente più rischiose, come gli eccessivi assembramenti sui mezzi pubblici che abbiamo già portato all’attenzione delle nostre istituzioni locali, pro-ponendo l’utilizzo di autobus e corriere delle tante imprese private di trasporto persone che sono senza lavoro da oltre sei mesi. Più controlli mirati e meno interventi a pioggia avrebbero sortito risultati maggiormente efficaci sul fronte della prevenzione”.
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