È un cantiere che sfiora il cielo. Svetta altezzoso per cinquanta metri in mezzo alla pianura, ad un passo dal Po. Da qualche giorno sono partiti i lavori di restauro del campanile di Cotrebbia Nuova, in comune di Calendasco, opera eclettica e originalissima di inizio Novecento che porta la firma dell’architetto piacentino Camillo Guidotti.
Li hanno presentati ieri il parroco Don Fabio Battiato con Manuel Ferrari, direttore dell’Ufficio Beni culturali della Diocesi, ed il sindaco Filippo Zangrandi. Presente anche Filippo Armani, architetto che segue le opere già progettate dal collega Giuseppe Moresi.
Le opere prevedono la messa in sicurezza della cupola, da cui si erano distaccati alcuni pinnacoli caduti al suolo fortunatamente senza colpire passanti, oltre alla stuccatura delle crepe, al restauro degli intonaci ed alla tinteggiatura finale. Il tutto per un totale di 300 mila euro, finanziato per il 90% con il ricorso al Bonus Facciate.
“Quello di Cotrebbia è uno degli oltre 50 interventi avviati in tutta la Diocesi grazie alle agevolazioni fiscali”, spiega Manuel Ferrari. “Si tratta di un’opera significativa perché interessa uno dei campanili più alti del piacentino, circa 20 metri in più della media, e quindi capace di segnare il paesaggio della bassa”. Solo per montare il ponteggio, vista la forma e l’altezza della torre, sono state necessarie tre settimane di lavoro.
A coprire la quota di spesa non compresa nel Bonus, per circa 30 mila euro, sono i fondi messi a disposizione dalla Diocesi di Piacenza-Bobbio, uniti alla sponsorizzazione di un’impresa operante nel comune e a 7.400 euro assegnati dall’amministrazione municipale. “Si tratta della quota di oneri di urbanizzazione che, per legge, sono destinati agli Enti di culto”, spiega il sindaco. Con un regolamento approvato a novembre, il Comune ha stabilito che possano essere utilizzati solo per interventi di rigenerazione del patrimonio ecclesiastico.
“L’avvio di questo cantiere è frutto di un anno di lavoro, seguito passo dopo passo e tutto teso alla valorizzazione dei beni culturali presenti sul nostro territorio”, conclude Zangrandi. “Si tratta di veri e propri beni comuni, tratto distintivo dell’identità di una comunità: la loro riqualificazione permette di coltivare la bellezza dei luoghi, che è sinonimo di attrattività, qualità della vita e capacità delle nuove generazioni di conservare il patrimonio consegnato da chi ci ha preceduto”.
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