L’appello delle associazioni economiche: “Camera di commercio indebolita da anni di incertezza e sotto organico, la politica si assuma la responsabilità di decidere”

«Richiamiamo la politica alle proprie responsabilità. Si prenda una posizione sul processo di fusione delle Camere di Commercio». Le associazioni economiche piacentine si sono confrontate sul tema ed è emersa una voce univoca: no a percorsi lasciati a metà, la politica deve decidere il destino della Camera di Commercio di Piacenza.

A firmare la nota sono: C.N.A., C.I.A. – Confederazione Italiana Agricoltori, Confapi Industria Piacenza, Confcooperative Piacenza, Confesercenti Provinciale, Confindustria Piacenza, Federazione Provinciale Coltivatori Diretti, LAA – LIBERA ASSOCIAZIONE ARTIGIANI – ASSOARTIGIANI, Legacoop Emilia Ovest, U.P.A. – UNIONE PROVINCIALE ARTIGIANI, Unione Provinciale Agricoltori – CONFAGRICOLTURA, Unione Provinciale Commercianti – CONFCOMMERCIO.

«Complice un clima di incertezza riguardo il proprio futuro che perdura da anni e le previsioni normative che hanno bloccato le assunzioni, la Camera di Commercio di Piacenza oggi è indebolita e limitata nella propria capacità di azione sul territorio. L’ente opera con un organico insufficiente per garantire le proprie funzioni con piena efficienza ed è in costante attesa di decisioni definitive riguardo il proprio destino. La normativa attuale preclude dal 2016 qualsiasi tipo di assunzione di personale, portando ad un progressivo depauperamento della struttura nelle more di scelte e decisioni adottate dalla politica», sostengono le associazioni. I dipendenti a tempo pieno in forza alla Camera di Commercio di Piacenza sono passati dai 59 del gennaio 2014 ai 43 del febbraio 2018 e scenderanno drasticamente a 28 nel gennaio 2023, con ovvie conseguenze sulla operatività  dell’ente. «Una situazione paradossale – continuano i firmatari – dato che la CCIA di Piacenza è un ente sano e in totale equilibrio economico-finanziario secondo i parametri del Ministero dello Sviluppo Economico, con un bilancio 2021 chiuso in utile».

Un clima che oggi le imprese piacentine non possono permettersi: «La congiuntura attuale è particolarmente complessa. Le aziende, a prescindere dalla dimensione e dal settore in cui operano, lavorano quotidianamente per essere competitive in un contesto di inflazione e costi crescenti. La Camera di Commercio deve essere messa in condizione di rappresentare un punto di riferimento degli imprenditori, ma lo può essere solo se avremo ben chiaro quale sarà il suo futuro».

Le associazioni evidenziano specifici elementi di grave preoccupazione:

●      «Piacenza è una provincia di vertice a livello nazionale per export pro-capite. Ricordiamo che è la Camera di Commercio a rilasciare il “certificato di origine”, indispensabile per le aziende esportatrici. L’export è la variabile più positiva all’interno dei fatturati delle aziende e garantisce la loro crescita».

●      La Camera di Commercio assolve funzioni fondamentali per le imprese: «Sempre più aziende avviano operazioni straordinarie come fusioni e acquisizioni in un’ottica di maggiore competitività e investimenti di lungo termine, atti formali che necessitano di una gestione snella e puntuale del Registro Imprese, che nella situazione attuale fatica ad essere efficiente come lo è stato negli anni passati».

●      Vi è infine un tema di investimenti sul territorio: «Con una Camera di Commercio debole e sotto organico viene meno l’effetto leva di crescita locale legato ai bandi da lei pubblicati, costituendo un altro freno all’economia locale».

«È per questi motivi che riteniamo fondamentale porre l’attenzione su questa tematica», concludono le associazioni. «Le istituzioni non siano reticenti e si assumano la responsabilità delle proprie scelte: l’imprenditoria piacentina in questa fase ha bisogno di soluzioni, non di ulteriori ostacoli».

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