“Grande Drago”, 5 arresti: “Accertata infiltrazione mafiosa nella Bassa”

 Non si aspettavano la velocità dell’esecuzione dell’arresto i cinque appartenenti al clan della ‘ndrangheta cutrese del Grande Aracri ai quali erano state confermate le condanne in Cassazione. Tanto che si erano lasciati andare ad alcune considerazioni che avevano fatto temere il tentativo di fuga: “Penso che lunedì parto” si era lasciato scappare uno di loro con un italiano incerto, che però era intercettato. Mentre un altro, colto di sorpresa, ha detto: “Mi spiace essere arrestato di sabato, così non potrò andare a votare”. Ora potrà farlo dal carcere. 
La giustizia ha fatto il suo corso e così oggi, sabato 24 maggio, sono finiti in manette i cinque condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso, finalizzata al traffico di droga, alla detenzione illegale di armi comuni e da guerra, alle estorsioni, alla violazione della normativa in materia tributaria in relazione a fatturazioni inesistenti, al riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite. Un’associazione, secondo l’accusa, con ramificazioni in almeno sei province, da Piacenza a Brescia, da Verona a Novara, da Cremona a Reggio Emilia, composta essenzialmente da persone originarie di Cutro, anche se da tempo residenti al nord Italia. Parliamo di Francesco La Manna di 53 anni, Antonio Villirillo 57, Gennaro Pascale 54, Gianluca Amato 40 e Alfonso Mesoraca 47 anni.

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“Una conferma delle ipotesi investigative dei carabinieri piacentini” ha sottolineato il colonnello Luca Pietranera, comandante del Reparto operativo, affiancato dal capitano Barbaglia e il luogotenente Cocciolo, sull’epilogo dell’operazione denominata “Grande Drago”, che per la prima volta comprovò le infiltrazioni mafiose nella bassa emiliana già dal 2002, con i 28 arresti condotti dal personale del NOR unitamente a quello del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Piacenza e l’ausilio persino di un elicottero dell’Arma a Monticelli d’Ongina. 

Tre di loro erano ancora residenti nel Piacentino (a Monticelli) e uno è persino stato prelevato al castello di Rivalta, dove soggiornava da qualche tempo, uno a Cutro e un altro nel Cremonese. Nel 2011 in Appello, a Bologna, le condanne per associazione mafiosa inflitte dal tribunale di Piacenza nel 2008 erano state ridimensionate. A Roma, però, il ricorso in Cassazione è stato respinto. Ora Francesco Lamanna, 53 anni di Cutro e residente Cremona, dovrà scontare 8 mesi, Antonio Villirillo, 57 anni di Cutro e residente a Monticelli, 2 anni e 2 mesi di reclusione, Gennaro Pascale, 55 anni di Cutro e residente a Monticelli, 3 anni e un mese, Gianluca Amato, 41enne di Villarosa (Enna) e residente Monticelli, 2 anni di reclusione, Alfonso Mesoraca, 48enne di Cutro e residente a Monticelli, 3 anni e 2mesi di reclusione. Gli arrestati sono ora in carcere tra Piacenza, Cremona e Crotone.

Smontate, quindi, le tesi degli avvocati del collegio di difesa (Luigi Colacino, Antonio Voce, Fabrizio Salviati) che avevano provato a sostenere che non vi fossero elementi per affermare l’esistenza di una cosca composta da quelle persone, richiamando in proposito la pronuncia dei giudici del riesame di Bologna e quella dello stesso Tribunale di Piacenza che l’aveva già esclusa; così come prive di valore sarebbero state le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Angelo Salvatore Cortese che all’epoca dei fatti contestati agli imputati era detenuto. La cosca, a quanto pare, esisteva eccome. Operava sotto la copertura di imprese edìli ed era specializzata nelle estorsioni ai danni di locali notturni e nel traffico di stupefacenti.