Serata all’associazione Liberali Piacentini in ricordo di Ernesto Leone: “Amico delicato e gentile e dalla schiena dritta”

Un’altra serata spontanea – come quella del 4 aprile di sei anni fa in memoria di Vito Neri – quella che si è tenuta ieri, martedì 23 giugno, nella sede dei Liberali Piacentini di via Cittadella per ricordare Ernesto (Ninino) Leone a un mese dalla morte. Alcuni amici hanno reso omaggio al giornalista, al liberale, all’uomo (dalla schiena dritta, merce rara), presenti le figlie Marcella e Tea.

Il presidente dell’Associazione Antonino Coppolino (che ha testimoniato di aver incontrato Leone per la prima volta negli Anni ’80 «quando, giovane praticante dello studio Sforza, andavo a registrare la trasmissione a Telelibertà “L’avvocato con voi”» e di averlo conosciuto meglio successivamente, grazie al comune amico Vito Neri) ha scusato l’assenza di Corrado Sforza Fogliani, impegnato a Roma in un’audizione parlamentare, leggendone il ricordo – messo per iscritto – di quello che considerava uno degli amici più cari.

«L’ho conosciuto quando era Ninino, e basta – racconta l’avv. Sforza – lo chiamavano così anche i cugini Ernesto Prati, il direttore, e suo fratello Marcello, il direttore amministrativo. Cominciai a frequentare Libertà che avevo ancora i calzoni corti. La redazione era stata appena rimessa a nuovo. Nel corridoio alla sinistra, appena varcato il portone d’ingresso, prima dell’ufficio di Marcello, c’era l’ufficio di Ninino con Scaramuzza, spesso però ci vedevo anche Vito Neri e – poi – Nello Bagarotti, entrambi compianti. Gli ambienti dei giornali sono sempre stati bohemien e tale era dunque anche quell’ufficio di Libertà dov’era Ninino e dove in molti, spesso, si ritrovavano a chiacchierare, e a far battute. Faceva battute salaci anche Ninino, argute soprattutto, e la sua delicatezza non l’aveva nessuno: faceva una battuta e quasi si scusava di averla fatta. Era un suo segno caratteristico, particolare. Il rispetto della persona, perfin esagerato: è sempre stata la sua linea di condotta, e di principio. Anche quando assunse la direzione del giornale, a coprire l’ultimo pezzo della vecchia Libertà».

«Ricordo – conclude l’avv. Sforza – la notte del centenario, la notte del 26 gennaio 1983. Arrivò in tipografia la prima copia, era già il mattino del 27, e così è datata la copia famosa, dal titolo in prima pagina, a testata piena “Compio cento anni” (dettato da Ernesto, ma sono sempre stato convinto che ci sia stato di mezzo – per quel titolo – anche Ninino, era da lui, sbarazzino). In quella festa di tutti, tutti insieme, Ernesto firmava e firmava “le copie del centenario”. Quando ebbi la mia, andai da Ninino, gli chiesi di firmarla anche lui, ma non accettò. Mi disse che il Direttore rappresentava tutti».

Francesco Mastrantonio ha quindi ripercorso le tappe della grande amicizia che lo univa a Ernesto Leone, delineandone – attraverso il racconto di aneddoti, spesso divertenti – la figura di giornalista («rigoroso, con il piglio del direttore»), di rotariano («stare a tavola con lui era piacevolissimo»), di amico («lo accompagnavo spesso a casa e mi raccontava tante cose: degli anni giovanili, quando girò l’Europa in autostop; dell’amicizia con Vito Neri, Umberto Moizo, Vittorio Coppellotti. Per me è stato un piacere essergli stato amico»).

«Un uomo di gran cuore – ha osservato Maria Antonietta De Micheli – di una gentilezza d’altri tempi, che sapeva gratificare una donna anche con un mazzo di fiori. Teneva molto alla famiglia; legatissimo alla moglie, venne segnato dalla sua scomparsa».

Carlo Giarelli ha spiegato di aver conosciuto bene Ninino grazie a Vito Neri, che gli raccontava tutto di lui. «Era un uomo intellettualmente colto, con il dono dell’autoironia e dell’umiltà. Un giorno mi disse che dovevo fare il giornalista!».

Emanuele Galba ha infine ricordato la figura del Leone giornalista. «Mi ha insegnato la precisione, il rigore e il culto della chiarezza quando si scrive su un giornale e quando si fa un titolo», ha detto Galba mostrando il primo titolo (di una terza pagina) che sottopose, appena assunto, al caporedattore Leone: “Veano, la prigione della libertà”. «Gli piacque, ma c’era la parola libertà, che era anche il nome del giornale. Ci pensò su parecchio, poi diede il via libera e per me fu una grande soddisfazione perché non era facile avere la sua approvazione, tanto era scrupoloso nel confezionare il giornale». Galba ha quindi citato l’esperienza de La Cronaca, «con le formidabili lezioni di giornalismo che Vito e Ninino involontariamente offrivano nel mio ufficio, quando si confrontavano correggendo pagine con pubblicati loro articoli».

«Ernesto Leone – ha concluso il presidente Coppolino – ha rappresentato qualcosa di importante per Piacenza e la nostra associazione farà di tutto affinché il suo ricordo rimanga vivo».

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