La rilevanza che la logistica ha assunto per la nostra provincia, particolarmente negli ultimi due decenni è innegabile: il settore della logistica ha incrementato in maniera notevole l’occupazione nel nostro territorio. Questo sviluppo ha consentito l’assunzione di un gran numero di lavoratrici e lavoratori, inclusi coloro che inizialmente non avevano una professionalità specifica o che erano stati espulsi da altri settori del mercato del lavoro.
La logistica è stata un elemento di forza per l’economia locale, tuttavia, la crescita esponenziale delle aree, degli insediamenti e delle sue infrastrutture nel territorio provinciale, non può essere valutata solo in termini di numeri assoluti di posti di lavoro, ma vanno tenute presenti anche le sue limitazioni e gli impatti collaterali.
La CISL vede tre nodi cruciali che impongono una riflessione profonda prima di insistere sulla logistica come comparto locomotiva dello sviluppo locale:
Piacenza detiene da anni il record in Emilia-Romagna per il più alto consumo di suolo pro-capite, con 700,45 metri quadrati per abitante nel 2024, quasi il doppio della media nazionale. La logistica è individuata come uno dei principali motori di questo fenomeno. Contemporaneamente, la provincia di Piacenza conta 804 aree abbandonate o sottoutilizzate, pari a oltre 370 ettari totali. Il Comune di Piacenza è il fulcro del fenomeno, con 84 aree dismesse che coprono 110 ettari. Di questi, le aree a destinazione produttiva ammontano a quasi 20 ettari (19,74 ha) . La posizione della CISL è chiara su questo punto: l’impatto ambientale della riqualificazione degli edifici esistenti è assolutamente minore rispetto alla costruzione di nuovi capannoni. Riteniamo che il riutilizzo di vecchi capannoni dismessi rappresenti comunque una strada da perseguire per non avere “non luoghi”, buchi nel tessuto antropico del territorio.
A Piacenza, il rapporto tra l’espansione della logistica, il consumo di suolo e il conseguente aumento del traffico di mezzi pesanti è diretto e critico per l’inquinamento da Ozono (O3). L’intenso traffico veicolare, in particolare i motori diesel, è una fonte primaria di Ossidi di Azoto (NOx), che sono precursori dell’ozono, il quale si forma in atmosfera con la radiazione solare. I dati sono allarmanti: Piacenza si è classificata come la seconda peggiore città del Nord Italia per superamento dei livelli di ozono nell’estate 2025, con ben 59 giorni di sforamento del valore obiettivo (120 µg/m³), superata solo da Bergamo. Questo posiziona Piacenza tra i capoluoghi più colpiti dallo smog fotochimico. L’ozono è tossico e irritante, e l’esposizione a livelli pericolosi espone una quota crescente di popolazione, soprattutto nelle aree urbane. L’Agenzia Europea dell’Ambiente stima che i danni sulla salute umana correlati all’ozono siano rilevanti, in particolare per i soggetti più fragili. La sfida per l’aria pulita non può più essere rimandata.
Il panorama lavorativo è destinato a cambiare radicalmente con l’avanzare della tecnologia e l’implementazione di sistemi automatizzati. Non dobbiamo avere paura del cambiamento perché in esso riscontriamo anche grandi opportunità ma non possiamo nemmeno ignorare le proiezioni secondo cui oltre il 30% dei ruoli tradizionali potrebbe scomparire entro il 2030, lasciando spazio a professioni legate all’analisi dei dati e alla robotica. In particolare, oltre il 25% dei lavori nei magazzini è a rischio di automazione nei prossimi dieci anni, colpendo funzioni operative e ripetitive, come quelle degli addetti al magazzino. La domanda che dobbiamo ormai porci, come collettività, è: “vogliamo cementificare altri pezzi di territorio, costruire nuovi magazzini per dare lavoro in larga parte ai robot?”.
Come sindacato, inoltre, è fondamentale affrontare le implicazioni etiche legate alla sostituzione dei lavoratori con macchinari, per evitare l’aumento dell’ineguaglianza sociale e dell’insicurezza crescente tra i lavoratori. È necessario intervenire attivamente per garantire che i benefici dell’automazione non ricadano solo su una ristretta élite, magari agevolando le aziende che investono nel capitale umano e nella riqualificazione.
Per la CISL, è ormai essenziale governare questo cambiamento. Lo sviluppo del nostro territorio non può continuare a seguire un modello che si basa sull’occupazione massiva di suolo e sulla creazione di posti di lavoro altamente vulnerabili all’automazione, con gravi ricadute ambientali.
È giunto il momento di mettere a confronto i benefici e i limiti del comparto logistico con quelli di altri settori, come ad esempio la meccanica o l’industria manifatturiera avanzata, che possono offrire una maggiore stabilità occupazionale e un livello di professionalità più specializzato e duraturo. Le competenze non facilmente sostituibili dalla IA saranno la prima tutela di ogni singolo lavoratore nel futuro.
Dobbiamo scegliere collettivamente un modello di sviluppo prioritario che sia non solo efficiente, ma anche con delle prospettive, equo e attento alla salute pubblica e alla valorizzazione del territorio esistente, mettendoci il tempo necessario a farlo.
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