L’infettivologo Tambussi: “Nuove infezioni meno gravi rispetto all’inizio, ma il caldo non c’entra: senza distanziamento sociale la pandemia tornerebbe a esplodere” – AUDIO

Tratta dal sito web Ok-salute.it

“Ci stiamo confrontando con la prima pandemia globale, una situazione del tutto nuova anche se non inattesa, perché le previsioni che questo potesse accadere erano assolutamente chiare. C’è stata un’iniziale incapacità di leggere una realtà del tutto nuova: alcuni stati come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti credevano per qualche stramba ragione di essere immuni, ma la drammatica realtà ha dimostrato che nessuno può ritenersi estraneo da questa logica. Per il futuro, quindi, dobbiamo essere in grado di fare tesoro di ciò che è accaduto e che sta accadendo. Parlo al presente perché come sappiamo non è finita, anzi nelle Americhe la pandemia è nel pieno della sua diffusione”.

Lo spiega Giuseppe Tambussi, infettivologo dell’ospedale San Raffaele di Milano, ospite a MaChiÈKlaus, programma condotto da Andrea Bricchi in onda su Radio Sound.

Il professor Alberto Zangrillo sostiene che il virus sia clinicamente scomparso. E’ così?

Non esistono dimostrazioni che il virus sia diverso, esiste però il dato clinico, incontrovertibile: le nuove infezioni non sono così gravi come quelle di marzo o aprile. Qualcosa certamente è accaduto. Le rianimazioni sono effettivamente vuote, gli ospedali si stanno svuotando e i reparti Covid stanno chiudendo”.

Dal punto di vista della gestione si è parlato del rapporto pubblico – privato con il dubbio che le strutture private potessero pensare più al profitto che alla questione sanitaria. Un dubbio legittimo?

“Le dimensioni di questo cataclisma sono state così enormi da mettere in crisi qualsiasi organizzazione. Lo abbiamo visto in Spagna e Francia. Il grosso punto è che la nostra Sanità è troppo ospedalecentrica e gli ospedali sono diventati il punto di riferimento dei cittadini: in particolare in questa situazione i medici di medicina generale sono stati abbandonati a se stessi invece di essere valorizzati e sostenuti. Dovevano essere loro la punta di diamante per individuare e confinare i casi evitando una diffusione così rapida come c’è stata. Chiaramente col senno di poi è facile ragionare. Per quanto riguarda le RSA non dimentichiamo che quello che è successo in Italia è accaduto in Spagna, Gran Bretagna, Francia: nazioni dove la quota di persone anziane istituzionalizzate è in aumento. In futuro dovremo mettere in atto sistemi di sorveglianza che possano evitare la diffusione di prossime infezioni in una popolazione estremamente fragile”.

Difficile fare previsioni, ma crede che il virus si sia indebolito con l’arrivo dell’estate e che nel prossimo autunno possa tornare? Cosa ci dobbiamo aspettare nei prossimi mesi?

“Personalmente io ho molte difficoltà a fare previsioni. Se guardiamo gli ultimi dati, mi verrebbe da dire che questa speranza è poco suffragata dai fatti. Nel momento in cui si mantiene il distanziamento sociale, nel momento in cui indossiamo le mascherine, la diffusione del virus viene ridotta. Se ci fosse un ritorno alla vera normalità, in questa fase l’epidemia tornerebbe a esplodere come in passato. Tengo a precisare che però si tratta di mie impressioni perché nessuno ha veri strumenti per fare previsioni. In Brasile, dove le temperature sono elevate, c’è un’elevata diffusione della pandemia e questo vale per zone calde come Texas, California e Florida dove i picchi di infezione sono drammatici. E’ giusto che i cittadini siano informati, ma in casi come questo il rischio è di creare confusione”.

A tal proposito, questa emergenza sanitaria ha creato un grande impatto mediatico: mi riferisco a quei complottismi che coinvolgono anche la figura di Bill Gates. Bill Gates, tra l’altro, ha rimarcato l’importanza di investire nei vaccini per preparare il sistema sanitario alle pandemie, definendole la vera sfida del futuro per l’umanità. Come vede questo?

“Sulla questione Bill Gates mi è venuto da ridere. Bill Gates è uno di più grandi finanziatori sanitari al mondo. Quindi è in contatto con persone e organizzazioni del settore. Chiunque abbia studiato medicina negli ultimi dieci anni sa che l’eventualità di una pandemia non è questione di “se” ma di “quando”. Per questo motivo è doveroso investire in vaccini perché sono l’unico sistema che ci consente di arginare queste emergenze”.

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