La scuola non è una gara convegno organizzato dal CCP a Piacenza la sfida lanciata da Daniele Novara

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La scuola non è una gara, il convegno promosso dal CCP si è aperto con questo messaggio:“Per un sano percorso educativo e di apprendimento i voti e la competizione non sono necessari. Ogni insegnante può essere il cambiamento”. L’evento organizzato da CPP ha visto riempirsi il teatro Politeama di Piacenza di insegnanti, dirigenti, pedagogisti, educatori e persone che hanno a cuore il futuro della scuola pubblica italiana.

La scuola non è una gara i numeri

1000 iscritti, più di 70 gruppi provenienti da tutta Italia, dalla Svizzera e da San Marino, quello più numeroso dalla città Toscana di Terranova Bracciolini. 11 gli interventi per continuare una tradizione convegni che vede il CPP in campo tra Milano e Piacenza.

La scuola non è una gara, è un’esperienza

“La scuola è esperienza non è pura trasmissione di concetti. Questo lo dice tutto il mondo pedagogico, non è un concetto “alternativo” come qualcuno sostiene – afferma Daniele Novara, pedagogista e direttore del CPP – Purtroppo non sempre l’istituzione scolastica ascolta la pedagogia, quindi bisogna rimboccarsi le maniche perché ogni insegnante può portare il cambiamento, fare la differenza ed essere un tassello che consente di vivere una esperienza liberatoria”.

La scuola non è una gara è quella dell’apprendimento


“La scuola che vogliamo è quella dell’apprendimento, basata sull’imparare e non sul giudicare – continua Novara -Trasformarla in un tribunale è una stupidaggine perché si trasforma una delle più importanti istituzioni della nostra società in un luogo di vendetta. Purtroppo, qualcuno, nel ministero, vuole tornare indietro reintroducendo i giudizi sintetici quando la via da seguire sarebbe quella di una scuola senza voti”.

La scuola non è una gara, non una strada impossibile


Non pensate che sia una strada impossibile, basta iniziare a liberarsi di un linguaggio arcaico. Basta parole come interrogazione, compiti in classe, compiti a casa, note, risposta esatta conclude il pedagogista – Sono pratiche inerziali e vi svelo un segreto: non esiste nessuna indicazione ministeriale che parla di queste pratiche. Non sono obbligatorie. Non ci sono scuse, è tempo di cambiare passo”.

La scuola non è una gara, i protagonisti

Nella prima parte della giornata si sono alternati sul palco, oltre a Daniele Novara, Raffaele Mantegazza, Silvia Vegetti Finzi, Alberto Oliverio e Roberto Farné. Nel pomeriggio dopo un reading di poesie di Danilo Dolci a cura di Carlotta Natoli e Thomas Trabacchi, sono intervenuti Manuela Calza, Fabio Gervasio, Alex Corlazzoli ed Enico Galiano. Antonella Gorrino e Massimo Lussignoli hanno presentato in anteprima uno studio che ha interessato più di 2000 studenti della scuola secondaria e che parte da una semplice domanda “come stai a scuola”.

La scuola non è una gara. Il sondaggio che conferma come i voti non aiutano a imparare ma sono solo fonte di stress.

Durante il Convegno “La scuola non è una gara”, che si è svolto a Piacenza, è stato presentato un sondaggio, a cura di Antonella Gorrino e Massimo Lussignoli che ha coinvolto 2137 studenti e studentesse delle scuole superiori di tutto il territorio nazionale. Non vuole essere rappresentativo della totalità della componente studentesca ma sicuramente la tendenza che emerge ha una sua significatività che ci interroga sul come stanno gli alunni a scuola e cosa pensano riguardo ai voti.

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La scuola non è una gara, i dati

Il 71% degli intervistati non vorrebbe una scuola senza voti.
Un risultato netto, immaginabile ma non scontato per la proporzione con la quale si è espresso e per l’assenza di significative differenze tra le varie tipologie di scuola. Il motivo che emerge nettamente rispetto al tema dei voti è sicuramente l’ansia. L’87% degli studenti affermano che verifiche e interrogazioni producono ansia che aumenta con il progredire del tempo. I ragazzi del triennio hanno risposto affermativamente per l’89% di contro all’87% del biennio. Sono i ragazzi del liceo che “soffrono maggiormente di ansia, 92%, in buona compagnia con istituti tecnici e professionali al 90%.

La competizione non è determinante

Non è la competizione ciò che determina l’ansia: il 51% dei ragazzi non ritiene che i voti mettano in competizione. Solo una piccola percentuale lo pensa. È stato approfondito questo aspetto chiedendo nello specifico agli studenti cosa pensano quando un compagno ha un voto più alto del suo. Anche in questo caso il risultato è molto significativo: il 67% afferma di non attribuire significativa importanza ad un voto più alto del compagno e questa tendenza aumenta con l’età. I ragazzi del triennio concordano con questa affermazione per il 69% di contro al 66% del biennio.

I voti non servono a migliorare

L’idea che i voti servano per motivare ad apprendere e che servano per migliorare, che è propria degli adulti, non appartiene ai ragazzi. Il 55% degli intervistati non condivide questa idea e il 67% non ritiene neppure che i voti servano per valutarli concretamente. Anche in questo caso questa posizione aumenta con il passare del tempo.

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Stare bene a scuola

Il sondaggio ha esplorato anche cosa significa stare bene a scuola. Per il 51% significa stare bene con gli amici, solo il 15,5% risponde “imparare qualche cosa di nuovo”. Non stare bene a scuola, invece, per il 50% vuol dire essere giudicato o sotto pressione. Il dato che emerge è che sono le relazioni, e soprattutto le relazioni con i pari, a decretare benessere a scuola. I ragazzi considerano i rapporti di solidarietà fondamentali. Il 59% afferma di essere disposto ad aiutare un compagno in difficoltà.

Le conferme

Il sondaggio conferma il tema del convegno. La scuola per i ragazzi non è una gara ma è un luogo dove cercare allenatori che li sostengano. Diversamente diventano generatori di ansia e fonte di giudizio inibente.

La scuola non è una gara Daniele Novara ha lanciato la sfida per il futuro della scuola

“Siamo qui per esigere una scuola che restituisca ad alunni, insegnanti e genitori il loro valore. Che sappia avere come obiettivo l’apprendimento e non la performance competitiva”

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La scuola non è una gara le conclusioni

A conclusione del Convegno “La scuola non è una gara”, che ha visto più di 1000 insegnanti, pedagogisti, educatori ed esperti incontrarsi a Piacenza, Daniele Novara lancia una sfida per il futuro della scuola in Italia. “A scuola dobbiamo stare bene anche nella fatica dell’imparare. Stare bene è l’unica condizione per farcela”. 9 punti che delineano un percorso chiaro e netto. Chiediamo:

1. Una scuola senza voti
2. Una valutazione basata sul riscontro dei progressi e non degli sbagli
3. Una cultura dell’errore come strumento formativo di autoregolazione e apprendimento
4. Al Ministro: di non inseguire metodi antiquati come i giudizi sintetici, ma di ascoltare genitori, insegnanti e pedagogisti prima di formulare proposte che riportano indietro le lancette della storia scolastica
5. Di sospendere le forme di punizione basate sui voti e sulle bocciature
6. Di considerare la scuola una vera comunità di apprendimento e non un luogo dove espiare le proprie colpe
7. Una scuola dove la formazione degli insegnanti sia orientata alle competenze pedagogiche e non a quelle digitali
8. Una scuola dove l’alunno difficile non deve per forza avere un disturbo neuropsichiatrico
9. Di vivere la scuola come occasione per essere felici, senza mortificazioni verso nessuno



1.  Una scuola senza voti.
Bisogna uscire dall’idea che il voto sia necessario. Le classifiche mettono solo ansia e ripropongono un modello di competizione che è evidentemente fallimentare. A scuola bisogna andare per imparare con piacere, non subendo le lezioni come un obbligo, come un ostacolo da dover superare il prima possibile.

2Una valutazione basata sul riscontro dei progressi e non degli sbagli.
Assenza di voti non vuol dire assenza di valutazione. La valutazione è in diritto ma deve considerare l’evoluzione del percorso scolastico e basarsi sulle caratteristiche di ogni alunno o alunna. I voti cristallizzano un singolo momento, una valutazione evolutiva è in grado di considerare tutto il percorso.

3 Una cultura dell’errore come strumento formativo di autoregolazione e apprendimento.
L’errore è una tappa fondamentale dell’apprendimento. Nella paura di sbagliare scompare la motivazione e si paralizza ogni spunto positivo. A scuola, sbagliare deve essere giusto e accettato come parte del processo di apprendimento.

4Al Ministro: di non inseguire metodi antiquati come i giudizi sintetici, ma di ascoltare genitori, insegnanti e pedagogisti prima di formulare proposte che riportano indietro le lancette della storia scolastica.
Affermare che “insufficiente” chiarisca quali siano le difficoltà e quali le positività di un alunno vuol dire non capire di cosa si sta parlando ma, semplicemente, riproporre pratiche inerziali perché “si è sempre fatto così”. L’Italia ha bisogno di fare passi avanti, non di tornare indietro.

5.  Di sospendere le forme di punizione basate sui voti e sulle bocciature.
Punire non ha senso, specialmente all’interno di un processo di apprendimento. L’idea che punendo si possa far riscoprire impegno, amore per l’apprendimento e motivazione scolastica è fuori da ogni logica. La scuola del bastone e carota svilisce la relazione educativa degli alunni.

6Di considerare la scuola una vera comunità di apprendimento e non un luogo dove espiare le proprie colpe.
Imparare è un atto collettivo. Solo con la condivisione, con il lavoro comune, si può avviare un processo di apprendimento in grado di essere davvero positivo e ancorato alle necessità della realtà. Questo aiuterebbe tutti quegli alunni e quelle alunne che solitamente, in una scuola concepita come individualista e punitiva, finisco con il subire etichette e con il provare ansia e fastidio nel solo andare in classe.

7Una scuola dove la formazione degli insegnanti sia orientata alle competenze pedagogiche e non a quelle digitali.
Gli insegnanti non devono essere una riproposizione umana di google. Il nozionismo, nell’epoca delle intelligenze artificiali, non ha davvero alcun senso. Sarebbe auspicabile che la formazione del corpo docente tenesse conto di come l’insegnante ricopra in realtà un suolo un regista dell’apprendimento, creando stimoli per un processo maieutico di scoperta. Per questo, serve avere basi pedagogiche non sapere date a memoria.

8Una scuola dove l’alunno difficile non deve per forza avere un disturbo neuropsichiatrico.
Basta neuro-medicalizzazione a tutti i costi. Chiaramente ci sono alunni con necessità specifiche, ma spesso la risposta migliore alle difficoltà è semplicemente pedagogica. Non è apponendo etichette che si possono risolvere i problemi.

9.  Di vivere la scuola come occasione per essere felici, senza mortificazioni verso nessuno.
I bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze, semplicemente, hanno il diritto alla felicità.

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