Giallo di Castel San Giovanni, il racconto di moglie e figlio: “Era un uomo violento ma non abbiamo causato la sua morte”

Abbiamo spostato il corpo dopo la sua morte, ma se avessimo voluto occultare le prove non avremmo allertato i soccorsi”. Così Giuseppe Alberti ha parlato ai microfoni del programma televisivo La Vita in Diretta su Rai Uno. Parliamo del figlio di Luigi Alberti, l’uomo di 85 anni trovato morto nel seminterrato della sua abitazione a Castel San Giovanni. I fatti risalgono a sabato scorso. Un decesso sul quale i carabinieri stanno cercando di fare luce. Secondo il racconto dei familiari, l’85enne era un padre e marito violento, motivo per cui lo avevano relegato nel seminterrato.

Proprio lo spostamento del corpo avrebbe convinto i carabinieri a proseguire negli accertamenti. Giuseppe e sua madre hanno spostato il corpo di Luigi dopo il decesso, da una tavernetta nel seminterrato all’appartamento a pianoterra.

È stato proprio il figlio, all’alba di sabato scorso, a trovare il corpo del padre senza vita e a dare l’allarme, a chiamare il 118, poco dopo le 5 del mattino.

Il corpo dell’anziano era sul materasso, senza apparenti segni di violenza, ma in una sistemazione comunque anomala. Ed è per questo che il sopralluogo e i di rilievi della scientifica sono durati otto ore.

Ci si chiede perché un uomo di 85 anni si trovasse in un luogo buio, senza corrente, senza elettricità, e cosa stesse facendo al piano inferiore della villetta. Viveva forse da solo, mentre la moglie ed il figlio abitavano al piano superiore?

Al momento non ci sono indagati, la procura ha aperto un fascicolo contro ignoti e le indagini vanno avanti con grande riservo. Si aspettano risposte dall’autopsia sul corpo dell’anziano, che dovrà chiarire a quando risalga la sua morte, le cause del decesso, se il corpo si trovasse lì da giorni.

Approfittando del fatto che fra noi non c’erano buoni rapporti, hanno giunto la conclusione che io potessi centrare con la morte di lui. Ho detto ai carabinieri di aver spostato il copro ma di averlo fatto in buona fede, e ho anche detto loro che se avessi voluto occultare le prove, non avrei chiamato subito sia il 118 per accertare la morte“. Anche Giuseppina, la moglie della vittima, racconta una vita di violenze fisiche e psicologiche.

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