Si chiude oggi l’edizione 2025 del Fol in Fest, ultima tappa a Ferriere, con un programma davvero di pregio. Alle 18, infatti, incontro con il giornalista Francesco Borgonovo che interverrà sul tema “Aretè – La decadenza e il coraggio”, in Piazza Ex Municipio.
Alle 21,30 ci si sposta al Roan Club per il concerto di una band simbolo della musica italiana, Le Orme, tra i principali esponenti del rock progressive italiano.

In attesa di gustarci questo leggendario evento, abbiamo chiesto qualche anticipazione allo storico batterista del gruppo, Michi Dei Rossi.
Le Orme festeggiano quest’anno 60 anni di carriera. Il vostro stile è sempre stato riconoscibile ma in continua evoluzione. Come si è trasformato il vostro modo di comporre e suonare nel tempo?
“Il nostro gruppo è stato tra i primi a incidere un microsolco live 1975 (un concerto che si era tenuto al a Roma al Teatro Brancaccio) e siamo stati tra i primi registrare i dischi all’estero (parliamo di Smogmagica nel 75 a Los Angeles, di Verità nascoste nel 76 a Londra e parliamo di storia o leggenda a Parigi nel 1977). Le Orme sono stati anche i primi a incidere un album un po’ fuori dagli schemi per la fine degli anni ’60 in bilico tra le sonorità che in quel periodo furoreggiavano che erano quelle della musica beat e quella psichedelica”.
“Siamo stati i primi ad aprire un po’ la strada al Pop sinfonico italiano gli unici forse ad abbandonare gli strumenti elettronici a favore dei classici e poi ci siamo proposti al pubblico in concerti acustici e anticipando poi quello che sarebbe successo da quarant’anni ad oggi: perciò siamo stati un po’ precursori della moda Unplugged che molti gruppi contemporanei usano in maniera molto frequente anche adesso. Perciò il nostro modo di comporre e suonare è cambiato così tante volte che oramai ho perso il conto…e non è ancora finita!”.
Le Orme hanno caratterizzato la stagione d’oro del progressive rock italiano, insieme a gruppi come la Premiata Forneria Marconi, il Banco del Mutuo Soccorso e i New Trolls. Che ricordi avete di quel periodo?
“Erano anni in cui la musica era davvero un terreno di condivisione, di scambio. Non si trattava solo di carriera o promozione: c’era un sentimento comune, una sorta di urgenza creativa che ci univa. E forse è anche per questo che quelle esperienze ci sono rimaste così impresse, a distanza di decenni. Ritengo irripetibile la vena creativa che ci caratterizzava a metà degli anni ’70”.
C’è un brano del vostro vastissimo repertorio a cui siete particolarmente legati e che non può mai mancare nei vostri concerti e perché?
“Forse Gioco di Bimba …ma forse anche Sguardo verso il cielo… Gioco è stato il primo successo vero: faceva parte dell’album “Uomo di Pezza” del 1972 ed è stato il brano che ci ha fatto conoscere al grande pubblico, non solo agli appassionati di Prog. Molti lo usavano come ninna nanna da cantare ai figli per farli addormentare (ride). In realtà il significato vero della canzone parlava di una violenza…ma la melodia del brano non lo dava a pensare!”.
Avete ispirato moltissimi artisti in Italia e non solo. C’è qualche giovane musicista o gruppo che oggi vi colpisce particolarmente?
“Abbinare un musicista a Le Orme non è facile e non vorrei “offendere” qualcuno. Sinceramente ho trovato molto divertente il duetto con Morgan improvvisato lo scorso primo maggio a Reggio Calabria sulle note noi “Light my fire” dei Doors. Lui trovo sia l’artista italiano più Prog…”.
Quali sono i vostri progetti artistici futuri?
“Tantissimi…a settembre uscirà il disco live “Le Orme plays Venice” dallo spettacolo che abbiamo proposto il 22 marzo scorso a Padova: racconta musicalmente la storia musicale di Venezia dal 1700 ad oggi! Una cosa in stile Orme… rimarrà nella storia! E poi stiamo preparando due nuovi spettacoli che porteremo sul palco quest’inverno: uno tratto dalla Trilogia degli anni 70 (Collage, Uomo di Pezza e Felona e Sorona) e uno che ci vedrà sul palco assieme ad un’altra grande band italiana e ad altri ospiti importanti…con Le Orme non ci si annoia mai!”.
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