Commemorazione delle vittime della Pertite: “Simbolo intorno al quale raccogliersi e chiedere tutela per tutti i lavoratori”

Alla vigilia dell’81° anniversario della tragedia della Pertite, la comunità piacentina si stringe ai familiari delle vittime e a tutti coloro che in un pomeriggio d’estate, nel cuore del laboratorio di caricamento proiettili di via Emilia Pavese, si videro strappare brutalmente ciò che avevano di più caro. I due scoppi ravvicinati che sventrarono lo stabilimento non rasero al suolo soltanto le polveriere che contenevano materiale esplosivo, ma annichilirono una città intera sotto la coltre spessa e acre del fumo, nella pioggia di sabbia e detriti, tra i frammenti dei vetri che non avevano retto l’urto nei quartieri circostanti.

Questa mattina la commemorazione di quel tragico episodio. Di seguito il discorso dell’assessore Erika Opizzi.

Il discorso dell’assessore Erika Opizzi

Piacenza si scoprì, all’improvviso, inerme e indifesa. Colpita nella dignità del lavoro, nell’efficienza di un’industria bellica che pareva non poter essere scalfita, ma celava, ad ogni meccanismo di quel complesso ingranaggio, una minaccia incombente. Erano circa un migliaio, le donne e gli uomini impiegati all’epoca tra quei capannoni; gli operai alla catena di montaggio maneggiavano polvere da sparo e sostanze altamente sensibili come quella che dava il nome alla fabbrica, in pochi istanti devastata e ripiegata su se stessa, nuda nella fragilità di uno scheletro che non aveva saputo proteggere la propria anima.

I feriti furono centinaia, 47 persone non sopravvissero alla violenza della deflagrazione e alla gravità delle lesioni riportate. L’eco delle sirene, con i soccorsi giunti anche dalle città limitrofe, risuonò incessante nella corsa verso gli ospedali, mentre la gente si assiepava intorno al cordone di contenimento creato all’imbocco della via Emilia, nel tentativo disperato di sapere cosa fosse accaduto ai genitori, ai figli e ai parenti che anche quel giorno, come sempre, avevano varcato i cancelli dello stabilimento per svolgere il proprio mestiere.

Il loro dolore si specchia, oggi, in quello di Manuele Altiero, che ha dovuto trovare le parole giuste per spiegare alla sua bimba di 5 anni che la mamma Laila El Harim, con cui progettava il matrimonio, operaia alla fustellatrice in un’azienda del modenese, ora è un angelo che la guarda dal cielo, perché sulla macchina cui era addetta non era attivato il blocco automatico in caso di emergenza. Mai più, si era gridato soli tre mesi fa, dopo il terribile incidente costato la vita a un’altra giovane madre, Luana D’Orazio, i cui 22 anni si sono infranti contro l’orditoio tessile la cui saracinesca di protezione sarebbe stata rimossa per accrescerne la produttività. Mai più, eppure è successo ancora.

Chissà, forse quell’affermazione così determinata, quella promessa illusoria era stata fatta anche alla Pertite, il 27 settembre del 1928, quando 13 operai caddero sotto le macerie – e altri restarono feriti – a seguito di uno scoppio che purtroppo rimase, come è inciso nel marmo, “presagio inascoltato” dei drammatici eventi che siamo qui a commemorare. Lo ribadiamo con indignazione e sgomento, rivolgendo un pensiero commosso a ciascuno di loro, nella triste ricorrenza che coincide con la Giornata del sacrificio del lavoro italiano nel mondo, in ricordo dei 136 connazionali che – insieme a decine di colleghi provenienti da Paesi diversi – furono inghiottiti dal ventre della terra, l’8 agosto del 1956, nella miniera belga di Marcinelle.

Ancora oggi si stima, a livello globale, che 2 milioni e 300 mila persone ogni anno siano vittima di malattie professionali, di infortuni letali nei luoghi di lavoro o in itinere: un dato che atterrisce e che significa, nel mondo, 6000 morti al giorno. Ben 538, in Italia, nei primi sei mesi del 2021, provocate da quello che dovrebbe essere strumento e fulcro di vita, su cui la Costituzione fonda, come cardine imprescindibile, la nostra Repubblica. E’ anche a fronte di questi dati, che la Pertite – per quanto le fonti storiche non abbiano mai consentito di appurare con certezza le cause della tragedia – sarà per sempre un simbolo intorno al quale raccogliersi e chiedere, con forza, responsabilità e tutela per tutti i lavoratori.

Dovrebbe sembrarci così lontano, quell’8 agosto 1940. Un Paese entrato ufficialmente in guerra poco meno di due mesi prima, un’industria bellica chiamata a una fervida produzione. Ma ancora restiamo attoniti, di fronte alla drammatica attualità di ciò che avvenne nel grande stabilimento tra l’Infrangibile e Sant’Antonio, tributando il nostro omaggio partecipe e sincero a chi non fece più ritorno a casa quella sera, nel cui nome riaffermiamo oggi il valore della pace e della civiltà, del rispetto della persona umana sopra ogni altra cosa.

Ed è con questa consapevolezza, in una giornata carica di significato per la nostra comunità e per tutti coloro che credono nel valore irrinunciabile di diritti fondamentali, che Piacenza si sente ancor più vicina a Marinela Kerri, che il 14 giugno scorso ha subito un grave infortunio nei campi della nostra provincia, affinché possa al più presto ritrovare la serenità e l’abbraccio del suo bambino. Perché la storia della Pertite ci insegna anche questo: a riavvolgere quel filo sottile che lega passato e presente, per non dimenticare mai.

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