Giornata Mondiale della Malattia di Alzheimer, il neurologo Orso Burgiani: “Per una soluzione ci vorrà tempo e ricerca, intanto il problema è sociale” – AUDIO

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Giornata Mondiale della Malattia di Alzheimer, che si celebra il 21 settembre è giunta alla 31^ edizione. Numerose le iniziative sul territorio previste per questa giornata che ci porta ad accendere un faro su quella che di fatto si è trasformata in un problema sociale. Abbiamo sentito il Prof. Orso Bugiani, neurologo con numerose pubblicazioni a suo carico e una carriera spesa nello studio delle malattie neurodegenerative.

Giornata Mondiale della Malattia di Alzheimer, come è cambiata la vita dei pazienti

La vita del paziente è cambiata in base alla modifica delle strutture delle famigliespiega il Prof Orso Bugianiquando la famiglia era a struttura contadina, il malato con un declino cognitivo e motorio, veniva assistito da tante persone. Mano a mano che la struttura familiare si è assottigliata, anche per l’avvento dell’era “industriale” e all’interno di un nucleo, le generazioni sono diventate al massimo due. Anche l’assistenza al paziente è diventata un peso portato da poche persone e la qualità di vita dello stesso è peggiorata nonostante gli sforzi”.

Giornata Mondiale della Malattia di Alzheimer, i segnali da non sottovalutare

I primi segnali non sono facilmente captabili – specifica il Prof. Bugiani – si comincia da disturbi della memoria e del linguaggio, in definitiva piccole cose che possono rimanere così anche per tutta la durata della vita e quindi non avere nessun peso sull’autonomia del paziente o averlo ma in modo modesto. In alternativa i disturbi possono andare avanti. La diagnosi può essere fatta in virtù dei primi disturbi ma c’è necessità di capire come le cose possono evolversi e quindi peggiorando anche l’invalidità del soggetto”.

L’approccio della medicina

L’approccio cambia anche in base alla richiesta dei familiari – indica Bugiani – difficile che sia il paziente a rivolgersi al medico anche se non è escluso a priori. E’ un problema di cultura, di livello intellettuale, di responsabilità sociale. Nella maggior parte dei casi sono i familiari che si accorgono dei disturbi e che si rivolgono al proprio medico segnalando queste anomalie per cercare di capire. La conoscenza si è evoluta grazie al supporto dei giornali e della televisione, le persone riescono ad arrivare con un sospetto diagnostico”.

Professor Orso Bugiani a Radio Sound

A che punto è la ricerca

La ricerca è cominciata più di cento anni fa perchè si tratta di malattie descritte nei primi del 900 – indica il Prof Bugiani – le cause sono indubbiamente tante, viste le necessità per l’invalidità che ne deriva e del bisogno di assistenza, dentro ci finiscono tante patologie, a quei tempi l’artereosclerosi, la sifilide che con il passare dei tempi sono diminuite. Ora sono aumentate le patologie degenerative legate invece alla durata della vita che si è allungata e di conseguenza si va verso un declino che una vita breve di fatto impediva. Sono quindi cambiate le necessità che sono oggi legate anche all’invecchiamento della popolazione”.

Giornata Mondiale della Malattia di Alzheimer, una malattia che sconfiggeremo?

Direi di no o almeno non nel breve periododice il Prof. Bugiani – con il passare del tempo è aumentata anche la complessità del sistema nervoso di cui aumenta la conoscenza. In questo percorso di conoscenza che passa attraverso l’approfondimento delle funzioni di un cervello sano, si scoprono le complessità di un cervello malato . Quelle malattie che sembravano aggredibili e quindi semplici, non sono così, sono diventate di una difficoltà patogenetica enorme. Più si approfondiscono gli studi e più aumentano le difficoltà”.

Nell’approccio terapeutico aumentano sempre di più i bersagli, sono più grandi e complessi. Non escludo che si possa arrivare a sconfiggere l’Alzheimer, ma ci vorrà ancora molto tempo e tanta ricerca. Questo giustifica il problema che si presenta oggi che, non consiste nell’avere la medicina che curi, ma come poter gestire e contenere l’invalidità del soggetto che si ammala. Come organizzare l’asssistenza, insomma più che un problema medico è un problema sociale”.

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