Una caduta, una lunga convalescenza che negli ultimi giorni sembrava finalmente volgere al meglio, con l’affetto costante della figlia e dei familiari. Poi, nella notte tra domenica 21 e lunedì 22 settembre, l’improvviso malore che lo ha portato via. Il mondo del lavoro – e non solo – piange la scomparsa di Giacomo Ercoli, 76 anni, piacentino di origine e da tempo residente a Pistoia: operaio, laureato in Scienze politiche, dirigente sindacale della CGIL, amministratore pubblico (fu assessore all’ambiente negli anni ’90) e intellettuale militante.
Una figura radicata principalmente nel sindacato, ma capace di intrecciare impegno politico e sociale. Negli anni Novanta ricoprì anche il ruolo di assessore all’Ambiente nella giunta Benaglia, in una fase di grandi trasformazioni istituzionali, dal tramonto della Prima Repubblica all’avvio dell’elezione diretta dei sindaci.
Il suo percorso sindacale iniziò alla Camera del Lavoro di Piacenza, come primo capolega della Federbraccianti nei primi anni Settanta. Successivamente si occupò dei lavoratori del comparto chimico e poi degli alimentaristi, fino a diventare una delle voci più ascoltate nella CGIL piacentina. Politicamente, militò nello Psiup, approdando nel 1972 al PCI. Operaio in Safta, lavorò da ultimo come estrusore in una cooperativa di Sannicolò.
“Colto e appassionato, da giovanissimo entrò in seminario a Piacenza: esperienza che ricordava sempre con affetto e che mantenne viva nei legami di amicizia coltivati per tutta la vita. Nel corso di una pausa dal lavoro completò gli studi universitari, laureandosi in Scienze politiche” lo ricorda Gianfranco Dragoni, già segretario generale della Cgil di Piacenza.
“Una persona capace, competente, seria e soprattutto sempre dalla parte del lavoro e dei più deboli” lo ricorda Ivo Bussacchini, segretario Cgil Piacenza.
Speciale fu il suo legame con Fiorenzo Molinari, oggi segretario provinciale della Flai CGIL, insieme all’Ufficio Vertenze diretto e sviluppato da Ercoli stesso a Piacenza. E fu poi Molinari insieme all’attuale segretaria Elisa Barbieri a chiamare Ercoli una volta in pensione alla Filcams: con la sua competenza, in un settore complesso come quello del terziario e dei servizi, Ercoli fu prezioso: “Per me è stato un padre, e non esagero. Esempio luminoso di libertà di pensiero e spirito critico. Un incontro che mi ha insegnato a vedere senza paraocchi. Questo era Ercoli” ricorda Molinari.
Anni di battaglie, dagli scioperi operai agli anni difficili del terrorismo e del cosiddetto “riflusso”, che videro incrinarsi l’unità sindacale (dalla marcia dei 40mila al referendum sulla scala mobile). In quel contesto, Ercoli seppe tenere la barra dritta, con la lucidità di chi aveva compreso prima di altri la deriva che avrebbe investito il lavoro negli anni successivi.
Ha vissuto in prima persona gli anni delle grandi lotte operaie e non mancò poi di denunciare, nei primi Novanta, i segnali di frammentazione e precarizzazione del mondo del lavoro. Fu tra i primi a cogliere i rischi delle catene di appalti e subappalti, che sotto l’apparente cornice della legalità racchiudevano scenari di sfruttamento.
La sua scomparsa lascia un vuoto profondo, ma anche l’eredità di un impegno coerente e lungimirante. Un dirigente che aveva visto e agito con coraggio, sempre dalla parte di chi lavora.
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