
Da tanti anni ripetiamo che Progetto Vita sta facendo scuola, e da oggi possiamo parlare di un Progetto Vita nazionale. Oggi, queste parole acquisiscono il massimo significato possibile. Dopo il Piacenza Cardiac Arrest di ieri, questa mattina, all’Università Cattolica, durante il Meeting Nazionale delle Associazioni di Progetto Vita Italia, la dottoressa Daniela Aschieri ha ufficialmente presentato il Coordinamento Nazionale delle associazioni. Una giornata storica per la nostra città, ma soprattutto per la lotta all’arresto cardiaco. Un passo enorme per la defibrillazione precoce, la prevenzione e il pronto intervento. Non a caso questa mattina erano presenti i referenti di associazioni da tutta Italia:
- 60mila Vite da Salvare, Progetto Vita Altomilanese
- ASSOFANO Cuore, Progetto Vita Fano
- Anpas Emilia-Romagna
- Progetto Vita Roncadelle
- Siena Cuore, Progetto Vita Siena
- Amici del cuore Lodi – Progetto Vita Lodi
- Mirco Ungaretti Onlus
“Un evento importante che evidenzia la necessità di far diventare il sistema di soccorso nato a Piacenza, un sistema di soccorso a livello nazionale”, commenta Daniela Aschieri, presidente di Progetto Vita.
“Oggi facciamo un salto, cerchiamo di sviluppare idee e progetti a livello nazionale: Progetto Vita Piacenza diventa Progetto Vita Italia. Cerchiamo di riunire associazioni che hanno la stessa mission: aumentare la sopravvivenza da arresto cardiaco, che ricordo oggi è ancora sotto il 10% dei casi. A Piacenza quando intervengono le pattuglie delle forze dell’ordine o i liberi cittadini con defibrillatori la sopravvivenza supera il 50% e questo è il nostro obiettivo. Un incontro splendido, tante associazioni vengono a carpire quelli che non sono segreti ma sono ormai delle buone pratiche di sviluppo di un progetto che vogliamo si estenda in tutta Italia”.
La defibrillazione precoce non è un business e questo è un freno
“Il momento è importante, abbiamo davanti persone che sanno cosa vuol dire salvare una persona da arresto cardiaco”, ha esordito il professor Alessandro Cappucci.
“Allora noi abbiamo un concetto molto chiaro, che è chiaro per tutti, anche dal punto di vista della scienza: l’arresto cardiaco avviene per fibrillazione ventricolare nella maggior parte dei casi. L’arresto cardiaco improvviso si chiama “morte improvvisa” e non malore come viene detto oggi, per derubricare la situazione. La morte improvvisa è una cosa molto grave perché “improvvisa” vuol dire non attesa. Per salvare la persona, indipendentemente dalla causa che ha prodotto l’arresto, è defibrillarlo entro 5 minuti. Questo mette in evidenza un aspetto importante: il 118 non è in grado di defibrillare entro 5 minuti. E quindi deve avere un sistema alternativo che possa arrivare prima. Le forze dell’ordine sono state le prime a rispondere, i primi a salvare, perché abituati a intervenire nel territorio rapidamente”.
“Allora perché a distanza di 27 anni siamo qui a contare a decine i pazienti salvati e non a centinaia o migliaia? Perché dietro non c’è un business economico. Il defibrillatore costa sempre meno e non ne puoi vendere più di tanti. Quindi l’industria che produce i defibrillatori non ha tanta spinta dietro da un punto di vista economico e questo determina che la spinta sui mass media, attraverso la televisione, attraverso i giornali eccetera sull’argomento è molto ridotta. Quindi dobbiamo essere noi, dovrete essere voi a credere in questo: i volontari possono fare tutta la storia della defibrillazione. Non ci si aspetti una spinta da parte dei mass media. È molto importante, invece, che da un punto di vista politico ci sia stata la sensibilità a questo sistema. Lo vediamo dalla legge del 2021, articolo 3, in cui si dice: tutti possono usare i defibrillatori, indipendentemente dall’aver fatto più o meno il corso. Quindi questo apre realmente la possibilità, almeno nella nostra nazione, di che tutti possano intervenire”.
Defibrillatori, corsi anche per i non vedenti
“Da qui oggi partirà una collaborazione con chi viene da varie parti d’Italia, materialmente per divulgare le buone prassi e farlo in modo inclusivo”, commenta Paolo Rebecchi, coordinatore di Anpas.
“Grazie a un agente della scuola di polizia che con l’associazione italiana ciechi ha deciso, ha dato un suggerimento di sviluppare la formazione dei defibrillatori anche per persone non vedenti. Questo l’abbiamo già fatto con altre persone che potevano avere delle limitazioni fisiche: questo per dire, ma è molto importante, il defibrillatore può salvare le vite, può essere appreso da chiunque. Perché se ci si limitasse al solo contesto universitario, al solo contesto scientifico durerebbe molto poco. Invece noi dobbiamo essere capaci di parlare con tutti”.
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